Regia di Richard Linklater vedi scheda film
A raschiare il fondo del barile a fine stagione, si frulla il buono e il cattivo senza soluzione di continuità. Fast Food Nation ha ormai quasi un anno e mezzo sulle spalle, e si capisce quanto i nostri distributori non ci credessero neanche per un momento; ma allora perché gettarlo nelle sale adesso e non direttamente in dvd? Linklater fa forse il suo film più meditato, pensoso, "inevitabile"; ed è sorprendente proprio nella scelta di costruire un universo polifonico che eviti la magnoliata e che si racconti da sé senza forzature, seguendo un percorso orizzontale che scansa i climax come le facili soluzioni. Rispetto a Super Size Me e ai documentari di Michael Moore, la fiction di Linklater (tratta dal libro di Eric Schlosser) non è grossolanamente popolare né cerca l'effetto emotivo shock: è invece un dramma capace di scivolare tra le pieghe dei paradossi della realtà; e indaga non alcuni segni nevralgici dell'oggi (corporativismo, immigrazione, lavoro nero, ideologia no global), bensì la loro funzionalità nella vita di tutti i giorni. Ed è qui che nascono le contraddizioni, perché tutto è concatenato. L'intelligenza al lavoro è notevole: lo si capisce dai personaggi, dai dialoghi, da certi incontri a due, da una messinscena di sobrietà invidiabile. Se riuscite, non perdetelo.
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