Regia di Richard Linklater vedi scheda film
Il responsabile marketing di una catena di fast food viene spedito in missione in uno stabilimento per la produzione di hamburger quando il prodotto di punta dell’azienda, il panino “Big-One”, si scopre essere avariato. Si troverà di fronte ad una situazione apocalittica.
In America si sa, si mangia male. E se siete per caso immigrati clandestini d’origine chicana, magari dopo aver saltato la frontiera sotto il sibilo delle pallottole perdendo i contatti con i vostri parenti/amici, ingurgitando una non specificata quantità di hamburger a due piani prodotti nel paese più libero del mondo, avrete la concreta possibilità di entrare fisicamente in contatto con i dispersi compagni di fuga, ora abilmente mischiati nel macinato compresso e monogusto spacciato nei fast food di tutta la nazione. Secondo una leggenda pellerossa, assumendone le carni entrerete in possesso dell’anima del defunto cotto, speziato e digerito, acquisendo le peculiari capacità del parente assimilato. Ma questa è un’altra storia. Come successe per il divertente Super Size Me, altro attacco frontale alla cultura del disgusto in cui il giornalista Edward Spurlok si cibava di super hamburger per un mese intero rischiando ingenuamente la vita, ( cosa che non dimostra nulla: anche qui da noi, nel nostro Bel Paese se un tizio si cibasse per un mese intero di ciccioli di maiale rischierebbe di brutto) non c’è bisogno di ribadire ad un italiano come ci si debba nutrire. L’approccio di Linklater è però diverso e più corretto. Prese le distanze dalla farsa e al contempo dall’invettiva populista alla Michael Moore, l’analisi si dimostra più oggettiva mischiando lucidamente fiction e dossier, mostrando ciò che sta dietro all’industria dall’immagine colorata e gioiosa dei fast food. Sporcizia, immigrazione clandestina, lavoratori sfruttati, infortuni sul lavoro, sommarie lavorazioni delle carni e via via peggiorando sempre di più, facendosi manifesto del messaggio per cui l’America non solo sta morendo di cattiva alimentazione ma cosa ancora più grave, è una nazione che assomiglia terribilmente a ciò che mangia. L’hamburger è il cibo dei fast food, veloce e a basso costo, perfetto nutrimento di una società competitiva che non ha tempo e risorse da perdere e che è abituata a mangiarsi la propria razione di merda quotidiana. Società che si sgretola a partire dai diritti primari dei cittadini stessi, pasto veloce di una nazione che li sacrifica per la propria sopravvivenza. Concetto riassunto dal cinico cameo di Bruce Willis che candidamente invita ad accettare la realtà così com’è: “Tutti noi dobbiamo abituarci a mangiare un po’ di merda”. Buon Appetito.
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