Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film
C’è nessuno? Koistinen è un’eco nella notte, nelle luci della sera che vanno spegnendosi una per una all’incedere del mattino. Inesorabile. C’è nessuno? Aki Kaurismaki è il poeta che bussa alle porte della solitudine per recitare un sonetto nello spiraglio dei battenti uniti da catenelle saldate, impossibili da togliere. La vita è solo uno spiraglio di luce, una lama ficcata nel petto ad un millimetro dal cuore per cui ogni movimento potrebbe risultare fatale. Nella parabola discendente di Koistinen unico eroe perdente della propria vita il mondo ruota senza di lui, uomo invisibile senza passato e senza alcun futuro, perfettamente conscio della propria condizione da rimanere immobile come un bersaglio ad un poligono di tiro. Inevitabile. Il non- protagonista assiste impotente al disgregarsi della sua vita, predestinato a rimanere immerso nel sottobosco umano della metallica e geometrica architettura di una glaciale Helsinki in cui, ben lontano dall’immagine turistica del paese nordico socialmente evoluto e garante dei diritti di tutti i cittadini, il cittadino Koistinen diventa paradigma vivente della sottoclasse per elezione, quella che viene sfruttata, picchiata, dimenticata. Soggetto che serve più che altro come termine di paragone del successo altrui, non ha alcuna possibilità di riscatto, nessun aiuto da una società che opera una cinica selezione naturale degli uomini e della quale selezione egli è plancton per balene. Imprigionato. Koistinen è fermo in inquadrature immobili, quadri magnificamente fotografati, sulfurei di solitudine, la solitudine delgi occhi sempre lontani della donna che lo seduce lo inganna e lo rovina. La prigione della casa senza finestre, i cui muri rossi e verdi creano contrasti cromatici perfettamente plausibili, la prigione in cui finisce incastrato non è tanto diversa, così come l’alloggio successivo. Non cambia nulla, la prigione di Koistinen è dentro di sé, lo sguardo è sempre quello, dello scivolare nel nulla delle luci della sera, prima del buio. L’affresco della solitudine e dell’assoluta necessità del contatto umano è la trave portante di un film impeccabile e straordinariamente asciutto nella messa in scena, esattamente come la vita del protagonista è scarnificata di corpi amici, liofilizzata negli sguardi, persa nel blu della notte nordica che inchioda i visi in pittogrammi al neon dei locali, delle luci artificiali di artificiale incomunicabilità, anche la scrittura del film è essenziale, la recitazione minimale i dialoghi asciutti e quasi mai colloquiali. Sono domande i dialoghi le cui immagini sono le risposte. Sono chiavistelli le parole e le immagini gabbie. Ogni parola è una mandata di chiave, un serrare continuo un buio che incombe e minaccia le luci della sera. Inquadrature dense di simboli e significati che nei silenzi prendono preponderatamente il sopravvento, stringendo il cuore di angoscia ma stemperando la tristezza del film in siparietti sottilmente ironici e sottolineature volutamente grottesche. C’è nessuno? Koistinen non c’è, diventa un’anonima parte del paesaggio soverchiante, va cercato e stanato, ritagliato dai muri, trascinato fuori dalla nube di fumo della perenne sigaretta, salvato dalla morte in una sorta di redenzione senza colpa egli troverà anche un contatto, un appiglio in una mano amica, invisibile come lui, pronta a dividere e a rendere più sopportabile il nulla che li circonda. C’è nessuno? C’è Kaurismaki, poeta vero e vero comunista, in grado di produrre inquadrature glaciali per forma e contenuti, ma che emanano un calore, un pulsare endemico straordinario, una speranza per l’uomo in cerca della salvezza della solitudine e una malcelata denuncia verso quella società che si dimentica dei rami secchi, i più deboli e apparentemente senza speranza, gli scarti della società del benessere e del progresso, invisibile prigione per chi non ha i mezzi per confrontarsi con essa. Bellissimo film.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta