Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
Può anche darsi che Iñárritu e Arriaga non siano (ancora) in grado di gestire una storia sola, oppure che ritengano necessario uno sguardo (sempre più) globale sulle storie da portare al cinema, perché ancora una volta i due narrano più storie, legate da un filo che lega luoghi geograficamente e socialmente lontanissimi. L'assunto principale mi sembra essere che il dolore, in qualunque forma si esprima, è uguale a qualsiasi latitudine, anche se a pagarne il prezzo più salato sono sempre e comunque i soggetti più deboli. Non è immaginabile, infatti, che si alzi un elicottero per salvare il piccolo pastore ferito a morte dalla polizia marocchina, mentre quello che sorvola la frontiera tra USA e Messico è della polizia americana, che presume il rapimento di due bambini californiani da parte della tata messicana. Pur con qualche esagerazione e qualche momento meno riuscito (l'episodio giapponese, con qualche sequenza che sembra uscita da un fumetto manga), il regista messicano sa far riflettere lo spettatore e si conferma come uno dei maggiori talenti da seguire nel panorama del cinema contemporaneo.
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