Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
Dopo “Amores Perros” e “21 Grammi”, il regista messicano Alejandro Gonzalez Inarritu continua a raccontare ed a viaggiare nel continente “Uomo” con quella ostinazione e passione che ne hanno fatto un sensibile, avvincente ma anche astuto cantore delle vicissitudini dell’animo umano. Ma al suo terzo film “Babel” (meritata Palma per la Regia alla scorsa edizione del Festival di Cannes), perde in sincerità ed immediatezza concentrandosi maggiormente (ma oramai il “gioco” è risaputo!) più su come raccontare le sue storie (sempre scritte con il fedele Guillermo Arringa)che su cosa realmente abbia l’esigenza di voler esprimere. L’accidentale proiettile sparato per gioco da due ragazzini marocchini che carambola tra le vite di personaggi in tre continenti del mondo (una coppia di americani, una governante messicana, un’adolescente giapponese ribelle e sordomuta) diventa l’espediente narrativo per raccontare dell’incomunicabilità dell’uomo, della paura ed attrazione per il “diverso”, della sofferenza come catarsi e dell’accanimento del Destino contro i più poveri ed indifesi. Temi alti e nobili ma appunto mal serviti da una profondità di scrittura ed introspezione lasciata ai margini per concentrarsi invece, quasi meccanicamente, su un incastro narrativo che questa volta sembra un capriccio autorale e manieristico. Pochi sprazzi a rimanere nella memoria: la prova intensa e matura di un Brad Pitt misurato e “realistico”, l’immensa bravura e talento dell’attrice messicana Adriana Barraza (la governante) e gli squarci potenti di paesaggi dal mondo che meglio delle parole fotografano la vastità e gli sconfinati confini dell’oscuro e sempre sorprendente Pianeta Uomo.
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