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Marie Antoinette

Regia di Sofia Coppola vedi scheda film

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La recensione su Marie Antoinette

di Kurtisonic
4 stelle

Portarsi addosso un nome così rilevante, far parte di un essenziale segmento di tempo divenuto storia, al cospetto di un impossibile confronto nel quale sentirsi inevitabilmente perduti, sono fattori pesanti,  talvolta anche drammatici per un essere umano. Non sto parlando di Marie Antoniette, ma di S.Coppola che alla feconda età di 35 anni apre con il suo terzo film la strada ad un cinema involuto, o con un termine oggi alla moda, di decrescita. Marie Antoniette l’austriaca, diventata regina di Francia alle soglie della rivoluzione, personaggio irrilevante, portatrice di soffusi valori estetici radical chic, non poteva non attrarre la ex fidanzata di Tarantino, è la storia annoiata della sua vita, salvo il finale un po’ cruditè. L’immagine di apertura con Marie in posa deflagrante sul divano che svirgola il dito dentro una enorme torta rosa shoking con martellante sottofondo new wave, già qualcosa dice, forse troppo. Coppola erige la sua controfigura cinematografica in Kristen Dunst (tipologicamente simile alla Johansson di Lost in transition) ma ci mette tutto il film a scoprirne la parte migliore, cioè “quell’espressione un po’ così” dopo il risveglio, (in Melancholia Von Trier ci riesce già a metà pellicola). La storia però è tale perché non si discute più, all’epoca della sua venuta in Francia Marie è quattordicenne e può lecitamente essere descritta come un’icona post punk. Non convince la modernizzazione del personaggio, l’evoluzione psicologica, accompagnata dall’uso improprio di una buona colonna sonora che dovrebbe indurci a pensare al contrario, ma il personaggio risulta annacquato, fuori contesto nella forma e nella sostanza, il conflitto interiore fra la sua giovialità e il lato tragico non emerge realisticamente in nessuna occasione. Coppola ci prova anche con l’autoreferenzialità, usa la meno vergine delle sorelle del suo bel “Giardino”per la parte della giovane nobile che non trova soddisfazione a letto col maritino depresso e imbranato (il futuro Luigi XXVI, forse veggente)scivola inserendo camei inutili e scontatissimi, nel caso Asia Argento nella parte.. di una finta nobile di facili costumi (detesto le definizioni alla Battiato), mentre Marie coltiva un intenso rapporto epistolare con la mamma austriaca degno della posta del cuore di “ Chi” o di “Novella 2000”. (Papà Francis intanto alle prese con pellicole insignificanti come Apocalipse now redux ha saputo che nel doppiaggio italiano Saigon merda è diventato Saigon cazzo, alla faccia di ciò che dice Willard, quando andiamo in Basilicata per il matrimonio dice che piglia a calci in culo qualcuno, coast to coast. Ti lascio, c’è il compleanno, no ma che Schwarzi, Bryant o Easton Ellis, della mia Marie Antoniette..) Non appena il personaggio principale si caratterizza meglio, la Coppola la riporta indietro e lo scenario del compleanno ne è una chiara dimostrazione: il set di corte diventa un infinito party, fila di coppe traboccanti di champagnino a volontà (moijto ingiallito con abilità) stuzzichini meglio che a Formentera , danze sfrenate che neanche a Ibiza si vedono fra l’apericena, il brunch, l’happy hour e altre scempiaggini molto in voga nel settecento. Chissà perché nella mia ristretta immaginazione penso manchi una ragazza che balla sui tavoli, come nelle peggiori locande della Milano da bere, e infatti salta fuori anche quella, da urlo, (il mio, che però non scuote neanche Pedro il mio gatto bianco e nero che se la dorme perché lui si che ne capisce) Quando finalmente Marie Antoniette troverà soddisfazione fuori e dentro il matrimonio, s’ingraviderà e controllando meglio i drinks metterà la testa a posto, scopre di possedere doti artistiche che però esibisce davanti a platee compiacenti (come magari la Critica giudica Sofia, in quanto figlia di Francis e non del mulo parlante), ma quello che temevo purtroppo si realizza: diventa ecologista, basta farmaci e cibi precotti, torniamo alla natura, tutti a fare l’orto, a zappare la terra come dirà due anni dopo Michelle Obama, avvocato e first lady. Come ogni bella storia c’è anche la fine, quando i rivoluzionari prendono il potere, gli spettatori sanculotti in una commovente e tesa pagina metacinematografica  vorrebbero ghigliottinare i regnanti- registi come la Coppola, ma il manico ce l’ha chi è più ricco e la raffinata regia ci risparmia un finale dovuto. La storia infatti a scuola non si studia più, non serve a niente, né qui nè somewhere… 

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