Regia di Nuri Bilge Ceylan vedi scheda film
Nel più “europeo” dei suoi film, Ceylan affronta il tema della crisi di coppia come una delle tante stagioni del cuore: il titolo originale Iklimler significa climi, e si riferisce a quella meteorologia dell’anima che già aveva fatto da sfondo al suo primo lungometraggio, Kasaba (1996). La spiaggia, d’estate, è il calore della passione che degrada nel fuoco della gelosia, della disperazione per un sentimento che sta fuggendo via; il freddo paesaggio invernale è la barriera di gelo che cala tra due persone rendendole distanti ed estranee, immemori di un passato fatto di intimità condivisa e progetti comuni. Le strade di Isa, un ricercatore universitario dedito alla fotografia archeologica, e Bahar, direttrice artistica di sceneggiati televisivi, divergono seguendo i due distinti mondi verso cui si dirigono, per professione, i loro sguardi: lui continua a cercare la bellezza tra i tesori dell’antichità, che risplendono sotto il sole come i candidi marmi dei templi greci, mentre lei continua a crearla artificialmente, tramite l’illusione romantica di drammi perduti in solitarie lande innevate. Lui aspira alla libertà di viaggiare nel tempo e nello spazio, per scoprire nuove dimensioni dell’essere; lei, per contro, preferisce rifugiarsi sotto il manto protettivo di una tristezza che trattiene, attaccato al corpo, il languido tepore dell’infelicità. Il carillon, contrabbandato da Dubai, che lui, presentandosi a sorpresa, le offre in dono, è una piccola, simbolica testimonianza di uno spirito d’avventura che non si arrende al fallimento, all’irreversibilità delle situazioni, perché confida nella possibilità di una rinascita sotto una forma diversa, che consenta di ricominciare. Per lei, invece, niente cambia, se non per evolversi verso la fine: non vede altro che il nulla, oltre quella cortina di nebbia che cinge l’orizzonte, tagliando via il futuro. Incontrarsi, senza potersi veramente riabbracciare, è il destino degli individui che, dentro di sé, covano il sogno di un mondo a misura dei propri desideri, attraversato dall’aria che è loro più congeniale, priva di stonature e al riparo da ogni intrusione. Per loro, l’esistenza di altri universi, altrettanto esclusivi, fa parte dell’incomprensibilità della vita, del misterioso abisso in cui i rapporti umani finiscono per affondare, a dispetto dell'ardente volontà di amare ed essere amati. La poetica di Iklimler è la sensibilità applicata alla mediocrità dell’esistenza, che consuma, col suo profilo sbrecciato, anche il bene degli affetti più importanti e coinvolgenti.
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