Regia di Andrea Arnold vedi scheda film
Una Glasgow che non ti aspetti, quella delle sue periferie, dei quartieri degradati, di strade come la “Red road” al cui capolinea ci sono i palazzoni. Un ambientazione squallida che viene evidenziata da riprese con luce fredda, dai soli effetti audio ambientali, quindi persistente nel silenzio, un scenario che fa da sfondo alla storia di una donna addetta alla videosorveglianza di un quartiere. Jackie, la protagonista, fa parte di una ditta privata a cui è stato affidato il servizio di controllo di alcune zone della città tramite svariate telecamere, nella stanza dove lavora ci sono ben 35 monitor . Per ore lei vigila ed eventualmente segnala le anormalità alla polizia, ma perlopiù osserva l'intera vita di un quartiere, soprattutto quella delle persone, delle loro abitudini, della loro vita privata anche quando non è necessario rasentando così il confine del lecito. Jackie vive da sola, al rientro dal turno di servizio l'attende un surgelato cotto con il forno a microonde, una vita cupa la sua, persino nei rapporti con i colleghi che non si accorgono che ha un problema esistenziale ma continuano a fare i propri comodi, soprattutto impiegandola in un lavoro delicato non adatto al suo stato d'animo.
“Red road” è un film che parte con il piede giusto, le ambientazioni, la visione dei monitor di sorveglianza con le varie zoomate, il comportamento delle persone riprese a loro insaputa sono motivo di interesse, poi la storia scivola troppo sulla vicenda della protagonista che per motivi personali molla tutto per dedicarsi ad un fatto privato accaduto anni prima.
Si passa troppo frettolosamente dal delicato tema della privacy violata, da trattare con cautela, visto che qua addirittura si impiega una ditta privata, ad una vicenda che distoglie un operatrice nella postazione di rilevamento video che abusa della sua posizione per occuparsi di fatti personali.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta