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Red Road

Regia di Andrea Arnold vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Red Road

di alan smithee
8 stelle

".... Almeno lei è stata amata.... c'è gente che non ha avuto neanche quello..... Fanculo a tutto".

Jackie è una donna single che lavora presso una società di sorveglianza di un quartiere popolare di Glasgow.

In base alle mansioni che la occupano, tutta la sua giornata lavorativa si consuma davanti a decine di monitor che, attraverso differenti angolazioni, riprendono i vari angoli di un distretto cittadino.

Il suo compito consiste nell'allertare le forze dell'ordine o il pronto soccorso in caso di necessità.

Ma un giorno, l'occhio della donna, si fissa su un uomo da cui la donna non riesce più a distogliere lo sguardo.

Non contenta di osservarlo, lo seguirà fino ad entrare a far parte della sua vita, anche intima, fino a mettere in atto un proposito tutto suo che, nel corso della vicenda, verrà ampiamente chiarito, e che in questo contesto non è bene rivelare.

Red road, titolo che si riferisce al quartiere oggetto di scrupoloso controllo da parte della protagonista, rappresenta il notevole esordio in un lungometraggio per la talentuosa regista inglese Andrea Arnold, già premiata con l'Oscar per il miglior cortometraggio per il bellissimo ed intenso Wasp.

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Questo suo esordio riesce a mescolare gli elementi del cinema sociale alla Loach, con tematiche legate al fenomeno della sorveglianza tramite telecamere, che proprio in quegli inizi del nuovo millennio cominciava a diffondersi, creando anche un certo senso di allarmismo per la mancanza di rispetto di una privacy che, a tutti gli effetti, pare messa da parte come in una sorta di società orwelliana, pur giustificata da esigenze di ordine e sicurezza pubblica. A tutto ciò si aggiunga un pizzico di thriller, che si annida nelle intenzioni tenute segrete e che animano le azioni della misteriosa ed enigmatica protagonista.

Parlando di protagonisti, alla riuscita del film, che si vide assegnato meritatamente il Premio della Giuria al 59° Festival di Cannes, contribuisce non poco la splendida prestazione dell'attrice protagonista, la esile e spigolosa Kate Dickie, perfetta nel calarsi nei panni di una donna tutta da scoprire nel dramma insormontabile che la dilania e la spinge a mettersi nei guai.

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Ottimi anche i partners che la attorniano, a partire da Tony Curran, impegnato in un ruolo sulla carta apparentemente ingrato di personaggio infido che tuttavia sa trovare, quasi oltre il limite consentito, una umanità che pareva distante anni luce dai suoi connotati; e ancora l'indimenticabile ragazzo di Loach in Sweet Sixteen, ovvero Martin Compston, anche lui alle prese con un individuo dalle caratteristiche piuttosto contraddittorie, e per finire l'ottima Natalie Press, già vista nel bellissimo e super premiato Wasp.

Nel finale si rende indimenticabile la struggente "Love will tear us apart", nella versione cantata da Honeyroot.

 

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