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L'amico di famiglia

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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GARIBALDI1975

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La recensione su L'amico di famiglia

di GARIBALDI1975
9 stelle

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[2006] Paolo SORRENTINO dirige e sceneggia uno dei mie film italiani preferiti prodotti tra gli anni 2000-2010, il più significativo e sottovalutato dei suoi film: “L’amico di famiglia”.

 

‘L’amico di famiglia’ è Geremia de Geremei, soprannominato “Cuoredoro” (Giacomo Rizzo). Chi è Geremia? È un settantenne, un vecchio sarto ‘ufficialmente’, ma tutti sanno che in realtà i suoi affari li fa prestando denaro con usura, già figlio d’arte, è un uomo attento a curare i propri interessi economici prestando denaro solo a chi potrà restituirlo. L’unica sua vera passione è accumulare denaro. È un ignorante non scolarizzato eppure conosce tanti aforismi per ogni occasione, tutti cinici e raccolti dall’attenta lettura che fa della rivista mensile Selezione di Reader’s Digest, alla quale è abbonato. È un ipocondriaco, sempre sul precipizio di un mal di testa che rischia di arrivare, un brutto grottesco, un avaro maleodorante, un bramoso di cioccolatini che non compra mai e che è pronto a fregare in ogni situazione, un pervertito, un lascivo, uno senza amici, tranne una lunga collaborazione con il suo partner e informatore Gino, uno straordinario Fabrizio Bentivoglio, che si veste da cowboy, abita in un camper e sogna di andare a vivere in America. Geremia non si è mai sposato e non ha fatto famiglia, il suo unico sentimento è per l’anziana madre, obesa e allettata, con la quale vive in una bettola squallida. Geremia è ricchissimo, ultra milionario, però allo stesso tempo sembra un poveraccio, una bestia, nel suo essere usuraio è un predatore, uno squalo nell’acqua torbida della miseria altrui; Geremia è un mostro.

 

Geremia insegna che non bisogna "mai confondere l'insolito con l'impossibile" … cosicché nella sua assurdità accade l’improbabile circostanza che il lurido ‘mostro’ si innamori di una giovanissima reginetta di bellezza, la neo incoronata Miss Agro Pontino (Laura Chiatti), figlia dell’ultimo cliente di Geremia … e da qui in poi il film è governato da una straordinaria sceneggiatura, tra le migliori del regista.

 

 

Paolo Sorrentino, fa ripercorre al mostro Geremia i sentieri del suo precedente film “Le conseguenze dell'amore” (2004), rappresenta il ritratto di un uomo invecchiato, solitario che si apre all'arrivo di un romanticismo inaspettato.

 

I detrattori di Sorrentino lo accusano di essere tutto stile e niente sostanza, ma io, al contrario, pur dichiarandomi fans del regista, riscontro nei suoi film –e soprattutto in questo- una costruzione accurata intorno al contrasto tra le apparenze superficiali e le intimità nascoste. Le inquadrature del regista per quanto scorrevoli, veloci e incorniciate in una lucentezza estetizzante di un mondo che si propone frivolo, patetico, miserabile, che esclude ogni tumulto emotivo o risonanza tematica, eppure allo stesso tempo i suoi racconti stridono con la logica e la banalità, resistono alla genericità dei cliché sociali; le musiche che accompagnano i suoi film disorientano e con tutto il resto servono a svelare un prodotto nuovo, fresco, nei cui racconti nessun personaggio è quello che prima sembrava essere. Paolo Sorrentino è un grande autore!!

 

E’ difficile immaginare di fare meglio di Sorrentino nel rappresentare una storia che aggioghi e concili aspetti così contrastanti come in questo film: l'amore e il tradimento, la famiglia e il denaro, la speranza e la disperazione, la gioventù e la vecchiaia, la bellezza e la bruttezza, l'umanità e la bestialità; tutte queste caratteristiche coesistono contemporaneamente nel racconto, esaltandosi l’una con altra senza annullarsi.

 

Ha il pregio di essere un film godibile alla visione, nondimeno fa appello all’intelligenza dello spettatore il quale cervello dovrà faticare per tenere il passo con la pioggia di stimoli, le tante sorprese e i colpi di scena contorti e impegnativi che regala questa pellicola. Lo spettatore si sentirà disorientato (o almeno così è stato per me) nel trattare il racconto come una rappresentazione di cinico iperealismo o un volo nella fantasia romantica; è una commedia, forse grottesca, un film romantico o un thriller? Un pizzico di tutto ciò, drammaticamente.

 

La nota finale risente di una inconcludenza agrodolce, affrettata e non proprio condivisibile; ma è in definitiva un film che sa manipolare l’umore e le aspettative dello spettatore.

 

 

Doverosa è una nota sull’interpretazione: grandiosi, giganteschi Giacomo Rizzo e Fabrizio Bentivoglio, davvero due attori fuori dal comune. Sulla parte e senza strafare anche Laura Chiatti, la quale pur incarnando il personaggio della bellissima, orgogliosa e a suo modo arrogante, non scivola mai nell’interpretare sopra le righe.

 

 

Menzione speciale per la scenografia e le ambientazioni: aver utilizzato i luoghi della provincia di Latina, l’agro Pontino, è stata una scelta più che appropriata, poiché i grandi spazi dei fabbricati, quasi casermoni, le ampie strade e piazze che si costruivano durante gli anni dell’Italia fascista, sovradimensionati rispetto alla popolazione di quei luoghi, riconducono bene ad un’atmosfera metafisica in sintonia con le sensazioni che ripercorre la trama.

 

Una bella sorpresa è vedere come un attore, Giacomo Rizzo, con una carriera da estremo caratterista (nel migliore dei casi, spalla del protagonista, se non quasi sempre attore secondario), nelle mani di Sorrentino sia diventato come uno dei suoi eroi più improbabili, se non del tutto impossibili, del cinema.

 

Visione essenziale per gli uomini moderni: tutti meschini e con il cuore spezzato.

 

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