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Grazie zia

Regia di Salvatore Samperi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Grazie zia

di hallorann
5 stelle

Ci voleva una buona dose di abilità e furbizia per scavare tra le pieghe inquiete de I PUGNI IN TASCA, e tirare fuori un soggetto da sviluppare. Prendete il protagonista Ale, cambiategli il nome in Alvise, fatene un figlio della borghesia industriale, una malattia psicosomatica semi invalidante invece che epilettico ma ugualmente disturbato, la provincia veneta piuttosto che quella piacentina. Se non basta prendete lo stesso produttore (Enzo Doria), protagonista (Lou Castel), musicista (Ennio Morricone) e montatore (ma con diverso pseudonimo) ed ecco GRAZIE ZIA.

L’esordio di Salvatore Samperi fu una furbata che riuscì alla perfezione, uscita nel fatidico ’68 cosicché la trama assumesse dei connotati iconoclasti e antisistema. Contrapposta ad Alvise c’è la zia Lea (Lisa Gastoni che fisicamente ricorda un po’ la Giulia di Paola Pitagora). Il giovane momentaneamente abbandonato dai genitori viene accudito dalla bella zia in una villa di campagna con servitù. La donna è un medico che funge da infermiera al subdolo Alvise. Dei must che faranno la fortuna delle pellicole dichiaratamente sexy dei settanta e anche delle commedie pecorecce del decennio successivo. Ma questo non è niente. Samperi quanto è scaltro da un lato sa essere provocante, licenzioso e audace nel mettere in scena un PUGNI IN TASCA erotico e morboso, ben copiato nello stile, vuoto nei contenuti che saranno comunque archetipo e faranno breccia nella liberazione sessuale imperante, quella sì sessantottina.

Allo stesso modo del regista agisce il personaggio interpretato dal bravissimo e diabolico Castel: egli irretisce, intriga, plagia, destabilizza psicologicamente e alla fine conquista (per i suoi lugubri fini) la zia. La lettura del film di Castel fu psicoanalitica rispetto alla visione materialistica di Samperi. Eros e thanatos giocano un bel duello aiutati dalla sensualità della Gastoni, le luci in b/n di Aldo Scavarda, il montaggio di Silvano Agosti e le angoscianti musiche (quasi insopportabili a tratti) di Morricone.

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