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La casa del diavolo

Regia di Rob Zombie vedi scheda film

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La recensione su La casa del diavolo

di cheftony
6 stelle

Sai, Roy? Se non sbaglio, riesco ancora a sentire l'odore della...passera di tua moglie sulla pistola. Speriamo che non si arrugginisca la canna. Ooooh, merda!, comincia a farsi sentire lo stress della giornata. Sapete per caso come un tipo come me può scaricare un po' di tensione?”

 

Texas, un assolato mattino del 1978: ordinario giorno di mattanza nell'abitazione della folle famiglia Firefly. Ma stavolta sono loro le prede, mentre il cacciatore nientemeno è che lo sceriffo John Quincy Wydell (William Forsythe), fratello e collega del Wydell ucciso proprio dai Firefly precedentemente; la polizia circonda la casa e con lo scontro a fuoco seguente riesce ad uccidere Rufus e a catturare Mother Firefly (Leslie Easterbrook).

Il gigante sfigurato Tiny Firefly (Matthew McGrory) si trovava al di fuori della casa e si è quindi reso uccel di bosco, così come Otis (Bill Moseley) e Baby Firefly (Sheri Moon Zombie), usciti a fatica dall'azione della polizia e “costretti” a lasciarsi dietro una bella scia di sangue per assicurarsi fuga e salvezza, avvisando anche il padre clown di Baby, Capitano Spaulding (Sid Haig), che si trovano tutti in pericolo.

I tre, fra omicidi e smisurate violenze, riescono a riunirsi e ottengono il soccorso del fratello adottivo di colore di Spaulding, ovvero del godereccio pappone Charlie Altamont (Ken Foree), ma intanto pure lo sceriffo Wydell, determinato, vendicativo e sadico, dimostra di esser tipo che non si tira indietro quando il gioco si fa duro...

 

Cominciamo dal titolo: la carriera cinematografica di Rob Zombie comincia con un titolo mal tradotto in italiano, ovvero “La casa dei 1000 corpi”, ma il “corpses” di The House of 1000 corpses” significa “cadaveri”. Qui si prosegue pure peggio con un evocativo “The Devil's Rejects” tradotto non come “i reietti del diavolo”, ma con un assurdo “La casa del diavolo”, titolo quanto mai poco indicato per un film quasi completamente ambientato all'aperto, sospeso fra western, splatter e road-movie lungo le distese desertiche texane.

Ecco, appunto: Zombie stavolta cerca di prendere una strada differente e non si perde troppo in citazionismi come nel capitolo precedente, anche se i debiti e gli omaggi nei confronti di Tobe Hooper e Wes Craven si sentono in questo sequel, soprattutto per quanto riguarda l'impatto visivo con una fotografia sporca molto anni '70 e il ricorso quasi esclusivo alla cinepresa a mano.

Una forte dose di ironia, accompagnata da una colonna sonora southern-rock, country e blues (“Free Bird” dei Lynyrd Skynyrd domina la scena finale), alleggerisce la cruenza di alcune scene ferocissime davvero ben congegnate, grazie anche ai personaggi della famiglia Firefly resi in fase di sceneggiatura decisamente più cattivi e sadici e meno buffoni che ne “La casa dei 1000 corpi” e ad un eccellente William Forsythe nei panni di uno sceriffo che elimina ogni possibilità di vedere un buono in tutto il film. Una sicurezza il veterano Sid Haig, piuttosto trash la partecipazione del mito Ken Foree (misconosciuto protagonista di “Zombie” di Romero), a mio avviso poco influente sul personaggio Bill Moseley, sempre piuttosto cagnesca come attrice la moglie del regista Sheri Moon Zombie, che però non disdegna di mostrare ampie e generose porzioni di culo come forma di compensazione.

Non una merda, ma probabilmente neanche un capolavoro per Zombie, ex-cantante dei White Zombie ora solista e negli ultimi dieci anni nuova leva e speranza del genere horror, invero assai dotato tecnicamente e intelligente, per quanto troppo derivativo sui soggetti. Divertito e divertente, violento e ironico quando non demenziale, tamarrissimo e amorale: un buon prodotto di genere.

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