Regia di Alejandro Jodorowsky vedi scheda film
Esordio nel lungometraggio dell'apolide ebreo-cileno d'origine russa A. Jodorowsky (dopo il mediometraggio La cravate), Fando y Lis è una commistione di simbolismi e metafore, un viaggio iniziatico (c'è una sorta di ricordo di Alice nel paese delle meraviglie, con una bambina che scavalca un muro metaforico, aiutata dallo stesso regista-burattinaio) alla ricerca del paese della felicità e dell'infanzia, ormai corrotta dal mondo degli adulti, dai mostri del meccanismo sociale borghese. Il voluto carattere disturbante delle immagini e dello stile si fonda su una narrazione frammentaria, episodica, come un grande affresco medievale, virato in un bianco e nero aggressivo e sporco. La visionarietà è la cifra principale di questa via crucis storpiata, dove la coppia è costantemente messa alla prova, continuamente oppressa internamente da momenti di tenerezza e altri di crudeltà (soprattutto da parte di Fando, il più volubile e debole, attaccato, come ha affermato lo stesso regista, al suo tamburo che lo lega al ricordo di una infanzia che sarà perduto nel momento in cui lo strumento sarà sfasciato).
Una carrellata visionaria, assurda, grottesca, violenta, sensuale, dispersiva, tanto surreale quanto realistico a causa di persone che rimangono se stesse anche nella finzione, un film che fu osteggiato fin dalla prima proiezione ad Acapulco, dove il regista fu persino inseguito. Può risultare un po' pesante nel complesso, ma ha sicuramente materia d'analisi abbondante cui non è certo possibile rendere giustizia in poche righe.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta