Regia di J.J. Abrams vedi scheda film
Parte bene, non c’è che dire. Immobilizzato, l’agente segreto Ethan Hunt assiste al conto alla rovescia del cattivo di turno, un epico Philip Seymour Hoffman, che punta una pistola alla tempia di una ragazza legata e imbavagliata: conterà fino a dieci e, se Ethan non gli darà l’informazione che vuole da lui, ucciderà la donna. Uno… due… si incrociano sguardi disperati tra i due prigionieri… tre… Ethan nega di sapere dove si trova quello che l’altro cerca… quattro… a dieci parte il colpo mortale e scattano, con una miccia accesa, i titoli di testa e il tema familiare di Mission Impossible La prima ora della terza avventura cinematografica dell’agente dell’Imf procede più o meno a questo ritmo. Ethan, contravvenendo alla prudenza, si è innamorato e si è sposato, la moglie non sa nulla del suo vero lavoro, al quale viene richiamato per andare a salvare un’antica compagna. La squadra si sposta da Roma, al Vaticano (ricostruito nella reggia di Caserta), a Shanghai, a Berlino: a ogni location tocca almeno un’azione emozionante, la più divertente è quella durante la festa in Vaticano, la più mozzafiato quella “aerea” a Shanghai. Ma è l’emozione interna al film che manca, e Mission Impossible 3 (sempre più saga alla 007, ma senza i dettagli reiterati e lo humour che creavano la “bondmania”) finisce per essere un collage di sequenze spettacolari. L’adrenalina sempre al massimo fa calma piatta.
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