Regia di Mario Caiano vedi scheda film
Fa sorridere ancora oggi l'ingenuità con cui venivano imbastite (e l'approssimazione con cui venivano dirette) queste storielle di amore & muscoli ambientate nell'antichità, con quei costumi sempre lindi e perfettamente stirati e quelle spade di plastica, con quei saltimbanchi come unici effetti speciali, a destreggiarsi fra furenti battaglie a mani nude, e quei fondali palesemente di cartone. Qui c'è anche una sorta di gorilla, un essere umano dentro a un costume mal assortito, e - neanche a dirlo - la scena del combattimento fra quest'ultimo e il protagonista, il nerboruto Maciste, è instant-cult. Ma purtroppo non c'è molto altro da ricordare in questa pellicola caratteristica di quegli anni e della prima parte della carriera del regista (che poi approderà, in anticipo su tutti in Italia, anche al western), che porta in sceneggiatura le firme del già esperto Mario Amendola, dell'ancor più navigato Albert Valentin (belga) e dell'esordiente - in questo ruolo, poichè aveva già indossato i panni di aiuto regista in qualche precedente produzione - Alfonso Brescia. Mark Forest è, più che un protagonista, una certezza: braccia grosse come prosciutti, sguardo fiero e fisicità dirompente; al suo fianco si trovano fra gli altri Marilù Tolo e Ferruccio Amendola. Difficile provare qualcosa di diverso dalla tenerezza, nel rivedere dopo tanti anni un cinema così paradossalmente garbato nella sua violenza, assemblato alla bell'e meglio, conscio dei propri limiti e che non fa nulla per nasconderli. 2/10.
Il gladiatore spartano Maciste salva la vita di una cristiana; i romani si imbestialiscono e lo costringono a duellare con vari energumeni (anche più di uno per volta) e perfino con un gorilla. Maciste uccide tutti i rivali e riesce pure a fuggire di galera.
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