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Il calamaro e la balena

Regia di Noah Baumbach vedi scheda film

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Paul Hackett

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La recensione su Il calamaro e la balena

di Paul Hackett
8 stelle

Ormai è già qualche anno che seguo con interesse la carriera di Noah Baumbach, che considero uno dei nomi più interessanti (e più sottovalutati) del "nuovo" cinema americano. Il regista newyorkese ha più volte intrecciato la propria vicenda artistica con quella di Wes Anderson (Baumbach è coautore delle "Avventure acquatiche di Steve Zissou" e di "Fantastic Mr. Fox", mentre Anderson ha prodotto "Il calamaro e la balena") ma, a quanto pare, il suo nome è rimasto decisamente nell'ombra rispetto a quello del ben più celebrato amico e collega, divenuto in pochi anni l'enfant prodige per eccellenza del cinema a stelle e strisce. Eppure i film di Baumbach meriterebbero molta più considerazione, a cominciare da quel gioiellino di "Mr. Jealousy", sconosciutissima ma deliziosa commedia sentimentale con Eric Stoltz e Annabella Sciorra, per continuare con questo "Il calamaro e la balena", piccolo ed affascinante miracolo di forma e contenuto, con il quale il regista ha inteso raccontare la vicenda (a quanto pare autobiografica) di un'eccentrica famiglia newyorkese, della problematica separazione tra il padre e la madre (lui è un intellettuale velleitario, fallito e ossessivamente tirchio, lei è una scrittrice emergente dalla sessualità extramatrimoniale fin troppo vivace) e di come essa si riverberi sui due figli (il maggiore adora il padre e ha un difficile approccio all'altro sesso, il piccolo soffre di un evidente complesso di Edipo e si dedica all'alcool fin troppo precocemente, entrambi non riescono ad accettare l'imminente divorzio dei genitori). "Il calamaro e la balena" è un film conciso ma mai banale, elegante ma mai stucchevole, struggente ma mai patetico, profondo ma mai noioso: la pellicola parte in maniera lenta e nei primi minuti disorienta leggermente per le bizzarrie un po' grottesche di un'allucinante famiglia disfunzionale, ma ben presto la storia "prende" e non si può fare a meno di affezionarsi a dei personaggi eccentrici, non certo simpatici, ma tuttavia amabilissimi nella loro totale insensatezza e incapacità di vivere, relazionarsi al prossimo ed essere felici. Grande prova di Jeff Daniels (in una delle sue migliori interpretazioni) e di Laura Linney (attrice che adoro oltre ogni dire e che non mi stancherò mai di lodare), ma anche dei due giovani co-protagonisti. Bella la fotografia di Robert D. Yeoman (anche lui uno dei pilastri del "giro" di Wes Anderson) e notevole la colonna sonora di Dean Wareham e Britta Phillips, due quarti della "velvettiana" band dei Luna. Un gran bel film davvero e la conferma di un grande talento registico: voto positivo.

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