Regia di Robert Towne vedi scheda film
A me non era piaciuto quel granché nemmeno il romanzo di John Fante (1909-1983), dal quale il valoroso sceneggiatore Robert Towne (autore di copioni entrati nella storia, come "L'ultima corvée", "Chinatown", "Yakuza" e, più recentemente, "Frantic" e "Mission: Impossible") ha tratto questo film. Rispetto all'originale letterario, il "Chiedi alla polvere" cinematografico è qualcosa di diverso e di meno. Di meno perché alcuni personaggi sono totalmente sacrificati, come testimonia la scomparsa della mamma, alla quale l'Arturo Bandini della carta stampata scrive numerose lettere, ma anche di diverso, perché Towne enfatizza incongruamente, delle tematiche proposte da Fante, quella della storia d'amore tra l'aspirante scrittore e la cameriera messicana. Ancora meno che nel libro, si capiscono i veri significati della vicenda narrata, ed in particolare è sacrificata la tematica della vocazione letteraria e dell'apprendistato artistico (nonché alla vita) del protagonista, che cerca di mettere a frutto il proprio talento e i preziosi consigli del letterato H. L. Mencken, direttore della rivista American Mercury.
Secondo me è un peccato che un'occasione del genere sia stata gettata al vento e alla polvere del deserto losangelino. O forse è soltanto difficile filmare John Fante, come potrebbe dimostrare l'esito altrettanto infausto del film "Aspetta primavera, Bandini" (1989), con Joe Mantegna e Ornella Muti. Fatto sta che il film di Towne era cominciato bene, ma alla lunga risente di due attori protagonisti mediocri e inadeguati alla parte loro assegnata. Entrambi troppo belli rispetto ai personaggi descritti da Fante, non riescono mai a scrollarsi di dosso l'impressione dei due fotomodelli capitati lì per caso. Salma Hayek ha almeno il fisico (e che fisico! si direbbe dopo averla vista nella scena della nuotata notturna nell'Oceano) del ruolo, essendo messicana d.o.c., seppure un po' troppo vecchia per la parte di Camilla (è del 1966), ma Colin Farrell, a distanza di due anni dal disastroso Alexander di Oliver Stone, si ritrova ancora una volta in una parte completamente inadatta a lui: di dieci anni più giovane della coprotagonista (l'attore irlandese è del 1976), checché ne abbiano detto i diretti interessati quando il film uscì, non può essere scambiato per un italiano nemmeno per sbaglio. Oltre tutto, mi sembra che di lui si possa affermare, come fu detto di Clint Eastwood, che ha solo due espressioni: con il cappello e senza (e qui, il cappello, non lo porta quasi mai).
Seppure relegato in una particina, è invece bravo come al solito Donald Sutherland.
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