Regia di Nicolas Vanier vedi scheda film
Norman Winther è le dernier trappeur, l’ultimo cacciatore di pelli protagonista di un film sospeso tra documentazione e finzione. Nato e vissuto nelle foreste canadesi dello Yukon, fa della propria attività la ragione stessa del vivere. Segue le stagioni di caccia spostandosi e mettendo su casa insieme alla compagna Nebaska, indiana Nahanni, e ai suoi cani da slitta, un gruppo di tenaci e affettuosi husky. È l’ultimo baluardo superstite di una concezione londoniana, di adesione totale alla natura. Puntellato da dichiarazioni che sottolineano come la caccia sia indispensabile alla sopravvivenza dell’ecosistema («la morte di un animale fa vivere altri cinque animali», nelle parole dello stesso Winther). Un film realizzato in esterni meravigliosi e in condizioni produttive più che estreme, a temperature anche sotto i cinquanta gradi. Non solo per la troupe ma anche per Winther e la sua muta, per i quali, tra le altre cose, può capitare di scivolare in corsa nell’acqua ghiacciata e doversi tirare fuori. Una figura fuori dal tempo, che rieccheggia uno spirito western, dalla semplicità essenziale. Una storia, vera e incomparabilmente avventurosa, purtroppo sminuita dall’approccio eccessivamente didattico del regista, da una colonna sonora enfatica e da una voce narrante ai limiti dell’ovvietà. Condivisibile in toto il paradossale assunto ecologico di fondo: per salvare il pianeta l’uomo avrebbe dovuto smettere di essere parassita e tornare un po’ più cacciatore.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta