Regia di Giacomo Martelli vedi scheda film
Ciò che racconta quest’esordio di Giacomo Martelli (figlio dell’ex politico oggi personaggio televisivo di Italia 1, Claudio) è una storiaccia. Che ha a che fare con Echelon, il cosiddetto Grande Orecchio, mostro tentacolare capace di introdursi negli angoli più reconditi del Pianeta Terra e fors’anche altrove, ammesso che ci sia. Insomma: siamo tutti spiati, ascoltati, intercettati, anche se teniamo il nostro telefono fisso a riposo, anche quando siamo in movimento («I cellulari? Delle cimici che camminano»), anche quando scriviamo le e-mail (che vengono archiviate per un po’ e poi distrutte). Roba da sparire su un’isola e trasformarsi in neo Provenzani facendo incetta di pizzini e niente più. La vicenda narrata nel film è di finzione ma potrebbe accadere a ognuno di noi: una giovane donna che vive a Roma inciampa per caso in una ventiquattrore contenente i segreti dell’ultimo ritrovato dell’orwelliana tecnologia, nome in codice: Tumbleweed. Alla malcapitata gliene accadranno di tutti i colori (del buio), mentre dagli States un funzionario dei servizi segreti approderà in Toscana per cercare di salvarle la vita. I risvolti interessano, acchiappano come si suol dire, e l’afflato è, come piaceva una volta, di denuncia. Bella la faccia del protagonista, Michael Parks, volto tarantiniano; e funzionale l’esperienza di Tidona. Maya Sansa è sempre più bella ma qui pare capitata per caso. Anche per colpa di una sceneggiatura che zoppica, colma di vuoti, che lavora poco sui personaggi.
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