Regia di Manuel Boursinhac vedi scheda film
Quattro anni di carcere sul groppone, Dris (Samuel Le Bihan) ha intenzione di rifarsi una vita: lavora in un magazzino ortofrutticolo e vive tranquillamente nella cité insieme alla premurosa Lise (Marie Guillard), finché il suo storico "associé" Yanis (Samy Naceri) lo va a stanare per coinvolgerlo nuovamente nel giro. Combattuto tra le buone intenzioni e le cattive tentazioni, Dris tentenna di brutto chiedendo alla sua compagna di aiutarlo a stare lontano dai guai. Ma Lise, che scopre di essere incinta, è esasperata dalla volubilità del suo uomo, che nel frattempo ha rincontrato la Nina (Clotilde Courau), vecchia fiamma gitana determinata a tenerselo stretto. Uno sgarro fatto all'anziano boss Feche (Michel Duchaussoy) dà il via a una guerra tra bande che costerà cara a tutti.
Neopolar ambientato nella banlieue parigina, "La mentale" (il titolo si riferisce alla "mentalità" del codice criminale) è il secondo lungometraggio di Manuel Boursinhac (classe 1954), sceneggiatore e regista attivo sia in campo cinematografico che televisivo. Basato su una sceneggiatura scritta a quattro mani dallo stesso Boursinhac e Bibi Naceri (fratello di Samy e presente nel film in un ruolo secondario), "La mentale" è una pellicola molto più interessante e complessa di quanto possa sembrare. Innanzitutto l'ambientazione: non più il centro di Parigi con i suoi boulevards illuminati o le sue sfavillanti boîtes de nuit, ma l'area della cité, con i suoi casermoni di béton e i suoi sordidi locali.
In secondo luogo la totale assenza della polizia: proprio come nel polar fondativo "Grisbi" (1954, Jacques Becker), "La mentale" mette in scena le dinamiche criminali dal di dentro, ponendosi ai margini della legge ufficiale e descrivendo internamente le perentorie regole di comportamento del milieu ("Non rompi i coglioni e nessuno ti tocca, rompi il cazzo e ti spezziamo le reni, tradisci e sei morto"). In quest'ottica il film di Boursinhac si configura come il controtipo negativo del film di Becker: se in "Grisbi" la lotta tra la vecchia guardia (Gabin e soci) e i nuovi gangster (Ventura e compagni) era osservata dal punto di vista degli anziani, ne "La mentale" la bagarre è presentata dalla prospettiva della generazione montante.
In terzo luogo la composizione etnica delle bande rivali: mentre la gang del vecchio Feche è costituita prevalentemente da francesi bianchi, quella di Yanis è all'insegna del meticciato. Yanis e Dris sono beur (giovani magrebini nati o cresciuti in Francia), Niglo (Francis Renaud) è un gitano e Foued (Lucien Jean-Baptiste) un creolo. Lo scontro generazionale si intreccia, arricchendosi, a quello razziale, dando al conflitto criminale nudo e crudo un sostanzioso sottotesto sociale. Nessun manicheismo però: anziché dare l'ultima parola alla formazione etnicamente mista (alla quale vanno inevitabilmente le nostre simpatie), Boursinhac stende sull'intera vicenda una cappa tragica, infarcendo i dialoghi di riferimenti espliciti ad una tracotanza che sfocia in ateismo e condannando tutti i personaggi ad un destino predeterminato. Impossibile non rilevare in questo determinismo tragico l'influenza dei polar di Jean-Pierre Melville.
La messa in scena, infine: pur non brillando per particolare inventiva o creatività, Boursinhac gira con cartesiana razionalità, padroneggiando esemplarmente spazi e tempi cinematografici. Niente e nessuno potrà togliermi dalla testa la convinzione che il quarantottenne cineasta francese si sia fatto le ossa sui noir di Johnnie To: la disposizione dei punti macchina (sempre distribuiti in modo tale da permettere allo spettatore un orientamento sicuro), i movimenti di camera (dolly imperiosi e avvolgenti, levigate carrellate laterali, panoramiche calibrate al millimetro) e la limpida scorrevolezza del montaggio (mai un'inquadratura fuori posto, mai un virtuosismo esornativo) hanno un inconfondibile sapore hongkonghese. La contaminazione etnica si fa puro meticciato estetico: Hong Kong-Polar-Express.
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