Regia di Oskar Röhler vedi scheda film
L’umanità raccontata, prima nel romanzo “cult” del francese Michel Houellebecq “Le particelle elementari” e poi nella sua trasposizione cinematografica ad opera del tedesco Oskar Roehler , è quanto di più agonizzante e malato la società di questi ultimi anni poteva produrre e “coltivare”. I fratellastri Michael e Bruno hanno in comune una madre ex hippy che li ha abbandonati alle cure dei rispettivi nonni segnando profondamente la loro crescita in percorsi di vita dissimili e contrastanti. Il primo è diventato un introverso biologo molecolare immerso completamente nella sua ricerca genetica mentre il secondo è schiavo delle sue fantasie sessuali. Sarà la scoperta dell’amore – sia pure con reazioni ed esiti differenti – ad accomunare le loro disperate vite sino a giungere ad uno straziante epilogo che ci racconta dell’immensa solitudine dell’essere umano. Per chi non ha avuto modo di confrontarsi con la scrittura schietta e provocatrice di Houllebecq, rimane l’esperienza visiva di un film dal punto di vista tecnico fortemente competitivo in un mercato internazionale agguerrito. E profondamente universale nel farsi lucida testimonianza di una società odierna scandalosamente moralista ed ipocrita: merito – al di là di una scrittura vivace ed un incastro narrativo ardito – soprattutto di interpreti così partecipi da farsi maschere di un’umanità moribonda. Su tutti (Franka Potente, Christian Ulmen, Nina Hoss) citazione per la dolente Cristiane di Martina Gedeck e lo straziante Bruno di Mortiz Bleibtreu (un mix del nostro Stefano Accorsi con guizzi alla Gael Garcia Bernal), sfacciato, impudico, sensuale, romantico e disperato con identica intensità e carica emozionale.
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