Regia di Giovanni La Parola vedi scheda film
Mimì ha ormai passato da un po' la trentina e la sua vita insoddisfacente ritrova una ragione nel suo amore di gioventù (mai corrisposto) Caterina, detta Ketty. La donna è rimasta infatti vedova con una figlia a carico e, per aiutarla, Mimì muta il suo proposito di suicidio in quello di fare una rapina in banca.
Ispirato al racconto Il caso Gargano di Armando Cillario, con una sceneggiatura di quest'ultimo e di Francesco Piccolo, ...e se domani è un coraggioso – ma non riuscito, in definitiva – tentativo di svecchiare la commedia italiana di inizio terzo millennio con una storia agrodolce, sentimentale ma non troppo, interamente narrata tramite flashback e dal lieto fine tutt'altro che scontato. Le vicende di Mimì (Luca Bizzarri) e Ketty (Sabrina Impacciatore) sono piuttosto affini a quelle vere di Mimmo e Kikka che fornirono la base per il libro di Cillario, avvocato dello stesso Gargano; il caso destò parecchio scalpore all'epoca (era la fine degli anni '90, non molto tempo prima) e va riconosciuta nel complesso una discreta aderenza ai fatti da parte degli autori. Ma in sostanza ciò ha poco peso per la pellicola, il cui obiettivo principale è quello di raccontare una storia di mille contraddizioni, a tratti leggera e ironica, poi drammatica oltremodo, e farne un veicolo per lanciare sul grande schermo, ripulita dagli eccessi comici dei precedenti lavori, la coppia formata da Bizzarri e Paolo Kessisoglu. Il secondo, va riconosciuto, funziona meglio del primo, ma in senso assoluto fanno il loro dovere entrambi; la Impacciatore aveva già – e si vede – maggiore esperienza sul set cinematografico e accanto a questi tre si trovano ruoli più o meno importanti anche per Luigi Maria Burruano, Claudio Gioè, Ernesto Mahieux, Paolo Sassanelli, Mita Medici, Daniela Airoldi e Leo Mantovani. Opera prima in lungometraggio per il regista Giovanni La Pàrola, che firmerà il suo secondo lavoro solamente sedici anni più tardi con Il mio corpo vi seppellirà (2021). E se domani, la canzone di Mina da cui prende titolo il lavoro, è poco più che un pretesto in linea con l'atmosfera malinconica della vicenda. 3,5/10.
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