Regia di Mario Camerini vedi scheda film
Una commessa dei grandi magazzini, prossima a sposarsi con un galante autista, viene accusata di alcuni furti. Naturalmente la ragazza è innocente, ma non sarà semplice dimostrarlo. Nel frattempo il capo del personale ne approfitta per ricattarla.
Nella seconda metà degli anni Trenta, complice anche il buon occhio con cui il regime fascista guardava al suo cinema sostanzialmente inoffensivo (ma tutt’altro che banale), Mario Camerini visse un periodo di grande creatività realizzando una serie di commedie di costume che ancora oggi sanno raccontarci qualcosa di noi stessi, come eravamo e come siamo ancora oggi – con le dovute proporzioni, si capisce. I grandi magazzini è l’ultima di una serie di opere rimaste nell’antologia delle commedie di quel periodo, fra le quali vale la pena ricordare per lo meno Darò un milione (1935) e Il signor Max (1937); ed è inoltre una maniera eccellente per rafforzare il sodalizio artistico impostosi tra il regista e due protagonisti di sicuro impatto quali Assia Noris e Vittorio De Sica. Camerini scrive anche la sceneggiatura, insieme a due uomini di cinema del calibro di Ivo Perilli e Renato Castellani (ancora non transitato dietro la macchina da presa) e, già più a sorpresa, al giornalista Mario Pannunzio, che con questa firma esordisce nel mondo della celluloide: collaborerà in seguito anche con Zampa, Rossellini e di nuovo Camerini. Ritmo, interpreti azzeccati e una storia lineare e ben impostata sono i punti di partenza su cui una commedia brillante va impostata: I grandi magazzini non difetta di nessuno tra essi; altri elementi segnalabili nel cast sono poi Enrico Glori, Virgilio Riento, Luisella Beghi, Andrea Checchi e Milena Penovick (in realtà Penovich, ma ai tempi chiedere un minimo di attenzione verso le parole straniere era fuori luogo). Quanto infine a Grandi magazzini (Castellano & Pipolo, 1986): nessuna parentela diretta, solo un omaggio a questo titolo. 6/10.
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