Regia di Sofia Scandurra vedi scheda film
Durante una vacanza, una casalinga vittima del marito bruto e possessivo, conosce un giovane di cui si innamora e una ragazza disabile che la introduce ai rudimenti del femminismo.
Questa è l’unica pellicola diretta da Sofia Scandurra, già pittrice, poetessa e soprattutto assistente di registi del calibro di Mario Camerini, Luigi Zampa, del marito Antonio Leonviola e più recentemente dell’Adriano Celentano di Yuppie Du (1975); il lavoro è portato a compimento con buona cura estetica e anche il cast tecnico interamente composto al femminile ha i suoi meriti: la fotografia è affidata all’israeliana Nurith Aviv, il montaggio a Gabriella Cristiani, le scenografie a Elena Ricci Poccetto, i costumi a Elena Mannini e la colonna sonora a Giovanna Marini. A chiudere il cerchio troviamo poi una sceneggiatura firmata dalla stessa regista partendo da un romanzo di Dacia Maraini. Eppure, se la forma risulta piacevole, i contenuti del lavoro appaiono fin da subito di un didascalismo eccessivo, involontariamente grotteschi perfino, con uno sguardo risentito verso il mondo maschile che non pone le migliori basi per un’analisi serena delle dinamiche sessiste insite nel contesto sociale a partire dal nucleo famigliare (che poi dovrebbe essere il cuore dell’opera, per capirci). Più concretamente, quando assistiamo alla scena in cui le due protagoniste femminili (Stefania Sandrelli e Maria Schneider: neanche a dirlo, ottime) si mettono in maniera del tutto illogica a parlare apertamente di sesso con delle donne di mezza età sedute in strada, ricevendo ovviamente soltanto insulti, il film vuole dirci che c’è un gap generazionale incolmabile tra le ragazze degli anni Settanta e le loro madri: questa e tante altre simili ingenuità si snodano lungo la trama della pellicola, vanificandone spesso i più che notevoli argomenti. Per la liberazione della donna era troppo presto nel 1977, ci dice Io sono mia, e probabilmente a quasi mezzo secolo di distanza le cose sono sì cambiate, ma neppure tanto. Nel cast anche un buon Michele Placido, Francisco Rabal, Anton Diffring e Anna Henkel. 3,5/10.
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