Regia di Jon Favreau vedi scheda film
Dai creatori di "Jumanji" un nuovo gioco/film questa volta ambientato nello spazio. Protagonisti sono due fratelli assai litigiosi, Walter e Danny, rispettivamente di 10 e 6 anni. I due ragazzi vengono lasciati dal papà a casa da soli con la sorella maggiore Lisa che non ha alcuna intenzione di curarli. Trovato in cantina un vecchio gioco in scatola i due vengono catapultati in un'incredibile avventura spaziale tra attacchi di meteoriti, sonni criogenici, buchi neri, robot killer, astronavi, campi di gravità, famelici alieni a forma di lucertola chiamati Zorgon, astronauti arenati nello spazio da anni, stelle cadenti. L'attore Jon Favreau, dopo il natalizio "Elf" e prima del blockbuster "Iron man", prendendo spunto da un romanzo illustrato di Chris Van Allsburg, autore, oltre che di "Jumanji", anche di "Polar Express", confeziona un gradevole ma fin troppo roboante film per famiglie. Come di consueto si possono apprezzare gli ottimi effetti speciali (il supervisore è il solito Stan Winston) e i pregevoli modellini utilizzati che danno al film una gustosa aria retrò e nostalgica, da fantascienza anni cinquanta e sessanta ed è forse questo l'elemento più curioso ed accattivante del film. La morale invece, come spesso capita in favolette del genere, è spiattellata in modo fin troppo esplicito e grossolano (i due fratelli che inizialmente si detestano, diventeranno inseparabili ed impareranno ad apprezzarsi per quello che sono), il ritmo è sostenuto, l'immaginazione straripante, ma non si riesce a togliere allo spettatore la sensazione di eccessivo ricalco rispetto al già non memorabile film con Robin Williams. Tutto è piuttosto meccanico e ripetitivo, come un gioco in scatola appunto: un percorso a tappe obbligate in cui mancano le vere sorprese. All'inizio così ci sono stupore, interesse, meraviglia (suggestiva, per esempio, la sequenza in cui i due ragazzi aprono la porta di casa e si scoprono persi nello spazio profondo, deliziosi i titoli di testa di Kyle Cooper, lo stesso di "Seven"), poi subentra l'assuefazione, infine c'è il forte rischio di rigetto. L'impressione di fronte a film come "Zathura" e simili (penso anche al quasi contemporaneo "Una notte al museo") è che, pur partendo da una bella idea di base, si punti troppo sull'accumulazione ridondante ed ingombrante di elementi fantastici e situazioni incredibili tanto da causare un fastidioso effetto saturazione e stordimento. In questo modo anziché coinvolgere ed appassionare si finisce per rendere distanti le vicende dei protagonisti, raffreddando inesorabilmente le emozioni. E il colpo di scena sulla reale identità dell'astronauta risulta posticcio (anche se il conseguente quasi incesto è spassoso). L'intrattenimento è certo professionale, ma anche piuttosto monotono, convenzionale e stancante: manca proprio l'elemento più importante, quella misteriosa e contagiosa magia, capace di sorprendere, avvincere, incantare, far immedesimare, percorrendo strade inedite ed originali, sollevando il film al di sopra degli attuali, modesti, prevedibili e riconoscibilissimi standard hollywoodiani. Come ha scritto saggiamente Maurizio Porro: "Non tutti sono Spielberg, l'importante è crederci". Bravi comunque gli interpreti, tra cui spiccano Josh Hutcherson (Walter) ormai specializzatosi nel genere (avendo poi interpretato "Un ponte per Terabithia" e "Viaggio al centro della terra"), la splendida Kristen Stewart (già vista in "Panic room" a fianco di Jodie Foster, poi protagonista del fenomeno "Twilight") e Tim Robbins, poi protagonista anche di "Ember". Nella versione originale invece a dare la voce al robot è il regista Frank Oz. Fotografia di Guillermo Navarro ("Una notte al museo" e premio Oscar per "Il labirinto del fauno"), sceneggiatura di John Kamps e, sorpresa, di David Koepp ("Jurassic Park", "Spider-man" e soprattutto "Carlito's way"). Nomination ai Satur Awards da parte dell'Academy of Science Fiction, Fantasy and Horror Films quale miglior film fantasy (vinse "Batman Begins"). Piccola curiosità: quando Tim Robbins va a svegliare la figlia, la ragazza, nella versione originale, fa riferimento al film "Thirteen", che, chissà come mai, in quella italiana, diventa "Mean Girls". Clamoroso fiasco al box office sia americano che italiano.
Voto: 6
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta