Regia di Howard Hawks vedi scheda film
Il cinema e la letteratura sono due forme espressive profondamente diverse, accostarle talvolta è gratuito: si tende a dimenticare il punto di rottura che prima o poi le separerà sempre. Quando si parla di Raymond Chandler, però, il paragone inizia ad acquisire un nuovo senso; autore che attraverso le proprie pagine sembra narrare il cinema, egli ha anticipato lo stile travolgente di molti registi, tracciando scorci appassionanti che scorrono come tante, velocissime immagini. Il romanzo Il grande sonno del 1939 ha dato vita all'ispettore Philip Marlowe, figura affascinante quanto malinconica, un uomo di mezza età abile nell'esprimersi quanto divorato da un freno interiore, quel senso al dovere che gela il suo sangue davanti a qualsiasi donna e che consegna le sue serate a un piccolo appartamento senza neanche un amico. Il film di Howard Hawks, con la sua ora e cinquanta di durata, rincorre le duecento pagine di Chandler senza mai decidere se abbracciarle o lasciarle sul comodino: l'insieme di personaggi che il film getta in faccia allo spettatore prende senso solo per pochi istanti, come una recita confusa senza mai uno spazio fra gli atti. Poi, quando gli sceneggiatori attingono alla propria inventiva, censurano l'intera satira nei confronti della polizia continuamente propugnata da Marlowe nel libro, risolvono gli enigmi del suo cuore spingendolo ad amare (alla fine dell'avventura egli preferirà accingersi a baciare la propria nuova fiamma invece che andare a ubriacarsi in un bar decadente), infine rimpiccioliscono quello che forse è il mostro più appariscente di tutta l'opera: la corrotta famiglia borghese degli Sternwood, capitanata da un vecchio generale che appare come una salma eccetto che per i propri occhi da rettile, ossessionato dalla presenza delle sue due figlie Carmen e Vivian, esseri senza il minimo senso morale, narcisiste e folli, salvate soltanto dalle preziose tende della loro villa hollywoodiana. Se Hawks non dimentica l'esistenza agrodolce del piccolo Harry Jones o la pericolosa fanciullezza di Carmen, egli tralascia i pozzi petroliferi abbandonati della ditta Sternwood, quel luogo spettrale dove la Vivian del libro getta il corpo di Rusty Regan a decomporre in una vasca di melma sporca, là dove vivrà il suo grande sonno. Billy Wilder saprà cogliere molto più efficacemente i tempi di Chandler con il suo capolavoro La fiamma del peccato, ciononostante, l'occhio di Hawks ci consegna un film pieno di momenti saturi di bellezza ma orfani di uno sfondo coerente.
3,5/4
Cosa importa dove si giace quando si è morti? In fondo a uno stagno melmoso o in un mausoleo di marmo alla sommità di una collina? Si è morti, si dorme il grande sonno e chi se ne fotte di certe miserie. L’acqua putrida e il petrolio sono come il vento e l’aria per noi. Si dorme il grande sonno senza preoccuparsi di esser morti male, di esser caduti nel letame. Quanto a me, ne condividevo una parte pure io, di quel letame, ora. Una parte anche più grande di quella di Rusty Regan. Ma il vecchio, no, non doveva: lui riposava tranquillo nel suo letto a baldacchino, le mani esangui intrecciate sul lenzuolo, in attesa. Il suo cuore emetteva appena brevi sussulti incerti. I suoi pensieri erano grigi come la cenere. E di lì a poco anche lui, come Rusty Regan, avrebbe dormito il grande sonno.
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