Regia di Sergio Corbucci vedi scheda film
Il solito schema 'buono contro cattivo' in cui anche il buono, in realtà, è un assassino cinico e spietato: dov'è la novità? Il grande silenzio è solamente uno dei tanti 'spaghetti western' che in quegli anni il nostro cinema sfornava a raffica, senza sottilizzare eccessivamente in quanto a trame, situazioni, personaggi; ecco, la cosa migliore di questo film sta sicuramente nella costruzione dei due protagonisti, scritti bene e affidati a interpreti di ottimo impatto come la coppia Trintignant-Kinski. Nota a margine su quest'ultimo: perchè mai si è deciso di farlo doppiare dalla voce adolescenziale - quasi 'voce bianca' - e totalmente inoffensiva di Giancarlo Maestri? Misterissimo. Ma, al di là di questo dettaglio positivo sui personaggi, peraltro nemmeno così originali in sè, rimane poco da dire su questa pellicola, ottavo western consecutivo (o quasi, nel mezzo c'è anche la spy story Bersaglio mobile) dal 1965 a questa parte per il regista; la sceneggiatura dei fratelli Corbucci, Mario Amendola e Vittoriano Petrilli (già autore di buoni copioni come quelli de La rimpatriata o Il gobbo) vive dei contrasti forti, classici nel genere (cacciatore e preda, giustiziere e sceriffo, legge e fuorilegge), sfrutta al volo qualche banalità (la donna che si concede a Silenzio perchè non ha soldi per pagarlo) e in definitiva commette un solo, grave errore (ma viene il sospetto che fosse in realtà una deviazione voluta): ci presenta il 'cattivo' Tigrero in maniera, se non simpatica, 'non antipatica', fattore che annulla la portata della sorpresa del finale che lo vede vittorioso sulla sua nemesi Silenzio. 5,5/10.
I banditi vagano per la città e i cacciatori di taglie (fra i quali il temibile Tigrero) hanno vita facile. Lo sceriffo mal sopporta la cosa; nel frattempo arriva il muto pistolero Silenzio, incaricato di eliminare Tigrero e i suoi...
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