Regia di Kevin Reynolds vedi scheda film
Dimenticatevi “King Arthur”, “Le Crociate” e finanche il sopravvalutato “Il Gladiatore” di Ridley Scott. Nemmeno l’Oliver Stone di “Alexander” e il “Troy” metrosessuale di Brad Pitt possono lontanamente competere con il film di Kevin Reynolds. Che la critica sia unanime nel cestinarlo non vuol dire che il film non sia ad essi superiore. Il racconto di Tristano e Isotta, questo amore impossibile che inverosimilmente preannucia la modernità dell’amore scespiriano mutuato dai conti del Bandello, si equilibria formalmente con l’impatto visivo e narrativo del regista. Già autore di quel “Robin Hood” con Kevin Costner, Reynolds riconferma ad anni di distanza la capacità di raccontare storie cortesi sì moderne ma mai arroganti o inutilmente sperimentali come i titoli precedentemente citati. Le battaglie fortunatamente sono poche e queste poche sono coreografate più sull’obiettivo plastico che virtuoso e funambolico. L’iperrealismo che va di moda nei filmoni videoclippari non è più quello di Peckinpah e di Sergio Leone, e il risultato è solo un’accozzaglia di pretestuose scene action per colpire il pubblico meno esperto. Nel film di Reynolds c’è invece molto carattere. Ci sono i personaggi con i loro volti, le loro pose, i loro dialoghi; ci sono gli attori con la loro recitazione, e soprattutto ci sono gli ambienti con il loro sacrosanto impatto immaginifico. Le coste dell’Irlanda in cui si consuma il primo amore tra Tristano e Isotta sono di una poesia per nulla rintracciabile nelle colline senesi del gladiatore scottiano così come non sono rintracciabili negli altri più recenti evo-movie. Le ricostruzioni degli edifici e i costumi di scena non sono fatti per ammiccare al gusto moderno del pubblico di provincia, arrogante e gossip-dipendente, ma reggono sull’interazione di essi con l’ambiente storico-naturale. Anche i filtri e gli accorgimenti filmici usati qua e là non sono un’esasperazione della voglia inutile di patinare e glamourizzare la Storia, ma sono funzionali al suo semplice racconto. In più, oltre la bella Isolde del titolo, c’è quell’attore di razza, sottovalutato e snobbato fino a “Milk”, classe ’78, che risponde al nome di James Franco. Insieme al coetaneo Josh Hartnett è l’attore più in gamba della sua generazione, vittima di una sottovalutazione clamorosamente imbarazzante. Una sua sola posa vale l’intera carriera di un tom cruise qualunque (notate il minuscolo). Incomprensibili sono, in questo senso, la produzione dei fratelli Scott, il titolo originale “Tristan + Isolde” che si rifà al bellissimo “Romeo + Juliet” di Luhrmann seppur non c’è traccia del glamour da teen-movie con cui certa critica condanna il film additando gli interpreti di scarsa freschezza. Misteri.
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