Regia di John Ford vedi scheda film
Stanchi e delusi dal governo di Washington per le mancate promesse, gli indiani Cheyenne decidono di lasciare la riserva e dirigersi verso le terre dei propri antenati, quelle che loro chiamano “la terra dei Cheyenne”. La cavalleria li insegue, per cui una cinquantina di guerrieri si stacca dalla tribù per fermare i soldati. E’ guerra. Parlamento e militari si addossano le colpe a vicenda. Intanto cresce la paura dei coloni e degli allevatori. La marcia è però durissima. Stremati dal freddo e attanagliati dalla fame, gli indiani sono costretti a cedere. All’esercito viene ordinato di riportare i fuggiaschi nella riserva originaria, ma i Cheyenne non ci stanno…
Dopo il successo di “Soldati a cavallo” il regista John Ford firma anche questo western (l’ultimo) tratto da una storia vera, ma il film non ottiene i risultati sperati. E’ evidente in entrambi i film l’anti bellicosità del regista. In “Soldati a cavallo” egli cerca di temperare il conflitto sanguinoso della guerra di secessione con atti di umanità, mentre in questo si schiera dalla parte dei più deboli. Tale scelta verrà considerata da molti un senso di colpa nei confronti dei nativi, spesso antagonisti nei suoi film precedenti. Sta di fatto che il regista, in maniera sommessa, denuncia un genocidio compiuto in nome del progresso.
La malvagità di alcuni cowboy che sparano a degli indiani inermi solo per il piacere di uccidere e la sensibilità di un capitano dell’esercito capace di ribellarsi agli ordini dei suoi superiori perché li ritiene ingiusti, sono gli elementi che si contrappongono e che rivelano che non tutto è male. Non basta però a coinvolgere lo spettatore. Il film di quasi tre ore non avvince, a tratti è noioso e le poche azioni di combattimento risultano scoordinate. Mentre l’unica scena girata da James Stewart sembra fuori tema o quanto meno bizzarra.
Una pellicola considerata, giustamente, una delle meno riuscite di John Ford. I paesaggi sono comunque splendidi e la fotografia è buona.
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