Regia di Philip Gröning vedi scheda film
L'esistenza senza la parola non è meno vera, né meno ricca o intensa, perché la bellezza che si coglie giorno dopo giorno risiede nelle immagini e nei suoni, nei dettagli fugaci e impersonali che il pensiero cattura per trasfigurarli. Questo è il senso della meditazione, che è comunicazione diretta con l'essenza delle cose, senza scomode intermediazioni né superficiali convenzioni. Come il linguaggio del cinema d'arte, essa non cerca i significati nel messaggio verbale, ma nelle combinazioni di elementi acustici e visivi. La cinepresa segue da vicino i momenti della vita conventuale di una comunità di certosini, assecondando quel ritmo cadenzato che riprende il battito di una sorta di musica interiore; la stessa che, a tratti, si manifesta nella preghiera e nella ritualità, ed è sempre scandita dalla ripetitività delle umili mansioni quotidiane. Le scene vuote e mute sono comunque piene di riflessi di luce, di finestre illuminate, di porte socchiuse e di spiragli aperti, che sono i segni della spiritualità che si fa strada dentro l'anima. Il ritiro e la rinuncia agli averi non realizzano una fuga dalla società, ma il ritorno alla semplicità delle origini, il recupero del rapporto primordiale dell'uomo con gli animali, le piante, i cambiamenti del tempo e l'avvicendarsi delle stagioni, ristabilendo quella sintonia che è il presupposto della pace. Questo film non è, di fatto, religioso o mistico in senso stretto, perché Dio non vi compare tanto come icona o come oggetto di venerazione, bensì come la fonte di una verità impronunciabile, che alimenta e indirizza la vita dall'interno, a partire da quel "cuore di carne" che deve sostituire il "cuore di pietra". La regia per lo più sorvola su quegli aspetti del culto che avrebbero conferito al film un'impronta troppo marcatamente legata alla tradizione ecclesiastica. Forte è, per contro, il richiamo ai quattro elementi fondamentali del cosmo: aria, acqua, fuoco e terra. La stessa intervista al frate non vedente ha più il carattere di una profonda testimonianza del vissuto personale, che non di un discorso di catechesi. La preghiera, lo studio ed il lavoro rimangono così a rappresentare quei valori universali che trascendono l'uomo e, in questo modo, ne esaltano il ruolo e l'operato nel mondo. Un film che si porge allo spettatore con grazia e generosità, proprio come un dono.
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