Regia di Philip Gröning vedi scheda film
"Il Grande Silenzio" (Die GroBe Stille) è un documento di rarissima assenza di tutto quel che concerne il 'cinema' in quanto tale. Un controsenso girare per mostrare e far partecipare lo spettatore (assolutamente preso da simil modo di introspezione silenziosa) a quello che è un 'mondo' fuori (in tutti i sensi) dal 'vivere' che noi (benpensanti...) sperimentiamo quotidianamente.
Un volo senza pause dentro la muralità (con cose piccole, scarne, pietre slavate, corridoi vuoti, arcate meritorie, portici dimessi, orti dispersi, entrate per i pochi) di un (il) Monastero: è quello della grande Chartreuse vicino Grenoble. Nei titoli si dice che 'è considerato uno dei più austeri al mondo.'
Tale documento ci trasporta con mano leggera dentro luoghi, volti e opere di monaci certosini assolutamente sedotti dallo Spirito: le immagini sono ammaestrate con una dolcezza unica, il fare elegante, le preghiere avvolgenti e il silenzio naturae di vera armonia. Un'opera di oltre 2 ore e mezza che non stanca nel cuore; un 'voluttuoso' chiuso fatto di aperti mondi per monaci assenti da noi ma presenti a loro stessi e al Signore che continuamente ringraziano. I loro volti sono di una 'bellezza' d'animo: i loro occhi trasmettono luce vera (parlano senza dire con un disincanto e con una forza conosciuta solo a Dio).
Una piccola luce, un flebile rosso fuoco e di là dal buio un Monastero imbiancato (di vera gloria).
"Ecco il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce. Ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero"
(Primo Libro dei Re 19, 11-13).
Il documento si apre con un monaco in ginocchio che prega. Gli interni inquadrati con grandissima discrezione e i pochi spiragli di luce naturale. Fuori la neve (i fiocchi e il loro silenzio imbiancano il prato e noi); alcuni monaci che passano sotto le arcate del monastero; ecco che alcune dita toccano l'acquasantiera col gesto (delicato) di bagnare (leggermente) le punta.
Un inizio scarnissimo, poco propenso a facili modi ed esternazioni di richiamo. Non un solo accenno (all'inizio e per tutto il documentario) a minimi sconti, non una virgola di troppo e quanto meno uno spazio minimo per piacere(si). Un segno di (pura) professionalità e di sincera umiltà che si pone al servizio dei tempi (lenti) e dei luoghi (ameni) di uomini che sono in conntinuo contatto con uno (lo) Spirito di redenzione.
"Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre" ('33).
In ogni frammento che vuoi (e desideri), con una delicatezza inerme e silente, una 'scrittura' biblica compiace ed esplora l'animo dei monaci (e di chi si adagia nel loro mondo).
Inizia la stagione nuova quando la neve (e il ghiaccio) si scioglierà, goccia su goccia senza fretta e con ritmo (a)temporale, e il prato intorno riflette la luce leggiadre di un Sole mattutino.
Pura poesia spirituale quello che si trasmette e quello che fanno gli ospito del Monastero (con una vita piena di pause di adorazione).
Durante il documento i luoghi si intervallano con stop-immagini (alberi, prati, foglie, orto, acqua, tetti e monti vicini) di libera natura e di voci assorbite.Un intorno adunato in poche cose, dove il villaggio vicino e la strada di passaggio diventano confini innaturali e sembianze di segni sospesi: alcuni uomini e pochi ragazzi sono lì a giocare, forse a dire tanto..., ma il cerchio arriva per poco perchè il silenzio s'adombra e la vita ricuce ciò che lo spirito certosino da lontano vuole amare con coraggio e forza. Un destino senza dubbio alcuno. Lo scorrere delle stagioni è solo metastasi di un tempo perduto.
Fanno capolino alcuni luoghi di 'lavoro' del monastero: la cucina, la cantina per la legna, l'orto, la stanza per il taglio dei capelli, lo scrittoio, il posto-calzolaio, la chiesa, l'altare, la libreria di testi sacri. Tutti intorni dove i monaci si adoperano con semplicità sconcertante e con pause di preghiera. In uno scorrere senza eguali e in un correre dell'ansia-annullata con tempi disposti e fasi perduranti.
Ecco delle voci: una lettura da S. Basilio, sulla unicità di Dio...sul soffio dello Spirito Santo.
Un'inquadratura ci allarma che la Stella Polare è ancor lì nella volta celeste (Piccolo e Grande Carro alleati e ammirati da simil posto).
"Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto perchè te ne vanti come se l'avessi ricevuto?" ('72).
Ecco che i volti dei monaci guardano in noi la loro vita: tutta piena di sole rinunce e ricca di spirito ricolmo.
Un lavarsi le mani con poche gocce (da una raccolta), l'asciugarsi con teli appesi e smossi prima di accedere alla refezione con un richiamo (forte) allo Statuto Ordinario dei Certosini e a quello che S. Bruno proclamava ('una passeggiata settimanale, esclusa la settimana Santa, per rimettere vigoria alle gambe', 'passare i paesi senza fermarsi per mangiare'). Il cibo e i modi sono di una sobrietà per noi lontani e sconosciuti (totalmente).
"Loro hanno sei rubinetti", "Ma loro sono Trappisti" ('80)..parlano i monaci (con pacatissimi modi) sul lavarsi e in che modo le mani (sono fuori dal Monastero).
Il cibo della giornata viene dato ad ognuno nella propria cella: in silenzio mangiano il giusto (ringraziando e pregando).
Un sorriso (lieve e misurato) arriva a noi da uno dei monaci (l'unico momento -un attimo- di contatto con la camera...).
"Metterò in voi uno Spirito nuovo; toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne" ('100).
Un gesto: ad un monaco viene spalmata una crema sul suo corpo ('martoriato' dal tempo e dagli anni incidentati). Poco per sentirsi meno deboli e rincuorati interiormente.
Ecco che avviene anche il taglio (raso) dei capelli: un luogo acerbo privo di tutto e con l'essenziale.
"Eppur vedi, io mi sono fatto uomo. Se voi rifiutaste di diventare Dio insieme a me, sareste ingiusti nei miei confronti" ('114).
Ecco che arriva il momento della pulizia: tutti con umiltà tolgono polvere e passano lo straccio. Con fare tranquillo.
C'è in attesa una preghiera di grande commozione e una processione (misurata) del Corpus Domini: i monaci cantano in latino. Un monaco in ginocchio e al di fuori un cielo azzurro. La Stella Polare è al riposo e la Luce del cielo è commisurata alla veglia di adorazione (costante).
Suono della campana: un monaco con far festa tira la fune ed esprime il suo ardimento gioioso.
Si osservano dei colori (simbolici): il bianco della neve (che apre e chiude il racconto documentaristico), l'azzurro del cielo (che s'allarga nel momento più intenso della vita monastica), il verde della vegetazione (i rami degli alberi si muovono mentre un vento leggero alimenta l'ardore di un simile posto).
Ecco che la natura prende il sopravvento e le gocce di un pioggia che inizia a cadere ritmano il tempo e il disegno di una stagione che cambia.
Un bellissimo fermo-immagine: il monastero, il prato attorno, il cielo nuvoloso e i monti oscurati dal tempo. Una foto di grande commozione e di sincera misura spirituale.
"Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi e non mi segue, non può essere mio discepolo" ('131).
La camera inquadra parola per parola (come goccia per goccia) e rigo per rigo (scorrere come acqua) il testo in latino delle adorazioni: una simbiosi regia-testo-spettatore che va al di là di un semplice modo; è entrare dentro il silenzio assordante di un testo sacro.
Ecco che la stagione ritorna invernale: ricompare il bianco (dalla sua finestra un monaco scorge quello che già sa...mentre il poco cibo rifocilla il corpo).
Bella la scena (fissa d'alto) della comunione dove i monaci a semicerchio aspettano vicino all'altare: un misurato modo di virtuosa modestia.
"Voi mi cercherete e mi troverete perchè se mi cercherete con tutto il cuore io mi lascerò trovare da voi" ('143).
Appaiono altri volti di monaci mentre un ciabattino aggiusta il suo scarpone (per la neve). Otto escono dal monastero: si divertono sulla neve scivolando e cadendo (inquadrature a debita distanza). Il passeggio a due a due è di grande intensità.
Ecco che verso la fine del documento ('150) un monaco esprime con modo docile e intenso la sua fede con parole efficaci: "No, non temo la morte...perchè temere la morte", "Più ci si avvicina a Dio e più si diventa felici", "Non si deve avere paura della morte, al contrario" , "E' una grande gioia per noi ritrovare un Padre", "Il passato, il presente sono cose umane...In Dio non c'è il passato, ...in Lui c'è unicamente il presente", "Spesso ringranzio Dio per avermi reso cieco" , "Sono certo che è stato per il bene della mia anima, se ha permesso ciò", "Se si rifiuta il pensiero di Dio perchè vivere su questa terra?", "Si deve partire dal principio che Dio sia infinitamente buono e che tutto quello che fa , lo fa per il nostro bene", "Per questo un cristiano dovrebbe sempre essere felice, mai triste. Perchè tutto quello che ci capita è per volere di Dio e per il bene della sua anima, Bene, questa è la cosa più importante", "Dio che è infinitamente buono e onnipotente, ci aiuta. Bisogna solo fare questo e poi si è felici".
Ecco delle immagini ferme su alcuni semplici utensili-oggetti del monastero.
"Io sono colui che è" ('156).
Ultimi volti di monaci. Ultimi sguardi pieni di spirito.
Un monaco sta pregando in ginocchio. Una luce di una candela. Una luce rossa (di fuoco). I fiocchi della neve ci coprono e un cielo azzurro dischiude il nostro sguardo.
Ultima didascalia (dal Primo Libro dei Re) come quella iniziale.
Titolo del documento. Un ringraziamento particolare del regista (per la lunga attesa). Titoli (tutto in modo sobrio e senza nessun commento musicale: appunto silenzio).
Un film-documento che è un'esperienza di vigore ascetico e di commisurata sincronia fuori-tempo; il pensiero al massimo livello e un segno di via da assaporare con cuore aperto. Non marcando il dovuto ma l'astenersi da commenti e tenendosi lontano da semplici assiomi, il regista marca con uno stile a goccia-sillaba un vivere mesto e diretto di monaci che imprimono al documento la 'forma-sostanza' di un trattato amorevole sul valore (assoluto) di una vita chiusa (dalle mura) ma aperta dalla misercordia (e da ciò che essa trasmette).
Un silenzio non adombrato, schivo e riluttante ma vivo, vivace e pieno di speranza. Un lavabo per l'uomo: incommensurabile.
Da ricordare che il regista Philip Gròning ha lavorato alla pellicola in senso totale: soggetto, sceneggiatura, fotografia, montaggio e regia (appunto). Un encomio speciale alla bellissima fotografia: naturale e senza artifici rende 'puro' ogni lieve movimento di camera.
Voto: 10.
(ps.: E' uscito -tradotto quest'anno-un libro -che consiglio- sulla vita dei Certosini, "Quando il silenzio parla" di Tim Peeter: una -la- storia di grande impatto emotivo e spirituale. Il monastero nei presi di Grenoble viene chiamato 'La Grande Certosa').
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta