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Inside Man

Regia di Spike Lee vedi scheda film

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La recensione su Inside Man

di ROTOTOM
8 stelle

Cosa sarebbe stato questo film senza la regia di Spike Lee? Un polpettone moralistico sulla necessità di una cattiva azione a fin di bene per rivalsa sul cattivo che viene buggerato. Sarebbe stato un clone serioso e baciapile di Ocean’s Eleven. Un pomeriggio di un giorno da cani per chi l’avesse visto, pagato, maledetto. Menomale che Ron Howard, l’uomo con l’ironia leggiadra del cubetto di porfido, pietra povera per selciati anonimi del quale l’ex Happy Boy ricalca in pieno la ruvida forma della mancanza di talento e immaginazione, ha virato verso il rollè di hollywoodiano impasto accettando di dirigere il Codice da Vinci, tratto dal mediocre omonimo libro.
Inside man invece, come tutti i film di Spike Lee è un pretesto. Il pretesto è la rapina in banca, ad opera di un mascheratissimo Clive Owen, mascherato come i suoi ostaggi, fatti mascherare come lui in modo da rendersi indistinguibile da loro. Tutti uguali a tal punto che non si riesce più a capire chi siano i buoni e i cattivi. Fuori una variegata fetta di umanità cerca come sempre di rendersi il più distinto possibile agli occhi dell’altro mettendo in scena tutto il campionario di soprusi, doppi giochi, prevaricazioni di potere che contraddistingue la nostra società. Ecco il pretesto, nelle mani di Spike il film diventa una commedia thriller, un taglio ironico per caratterizzare i personaggi nelle loro pulsioni. Su tutti Denzel Washington impacciato detective tra il cialtrone e l’arguto, in altre mani avrebbe rischiato l’effetto John Q. Rappresenta il potere istituzionale, visibile quello che sbarca il lunario ed è soggetto alle prevaricazioni dei superiori. Una glaciale Jodie Foster, Wiston Wolf in gonnella che risolve i problemi e rappresenta il lato oscuro del potere e per una strana legge del contrappasso porta il nome (altro richiamo tarantiniano) di Miss White. Bianco e nero, scontro incontro dei colori e dei poteri che regolano la complicata vita delle società dei capitali, confusione di ruoli di una società talmente complessa da non riconoscersi più tra guardie che vengono scambiate per ladri, indiani ostaggi per terroristi, comunicazioni registrate, tradimenti e inganni mentre flash forward mostrano il come sarà degli interrogatori alla cieca di un confusissimo detective che non sa che pesci pigliare. Poco importa poi che il finale sia un po’ tirato via a chiudere una storia di per sé inverosimile, non era questo lo scopo del film, la fine è solo una necessità commerciale, quello che resta è la straordinaria vitalità e capacità della messa in scena di un autore che non smentisce mai la propensione del racconto lucidamente ironico sulla propria visione del mondo.

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