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Quello che l'occhio non vede

Regia di Milos Forman, Kon Ichikawa, Claude Lelouch, Youri Ozerov, Arthur Penn, Michael Pfleghar, John Schlesinger, Mai Zetterling vedi scheda film

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maso

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La recensione su Quello che l'occhio non vede

di maso
10 stelle

 

 

Come un atleta che si prepara per le olimpiadi in una

lunga attesa fino al grande evento io ho aspettato per

anni l'occasione di potermi gustare il film ufficiale dei

giochi di Monaco di Baviera svoltisi nel 1972 esattamente

quarant'anni fa e vi posso assicurare che sono stato

ripagato da un'ora e cinquanta minuti di spettacolo

puro: attraverso le stupende immagini catturate sul

campo dai meravigliosi filmakers che hanno firmato

gli otto segmenti che compongono il film ho potuto

ammirare veramente le espressioni e le emozioni

scolpite sui volti dei tantissimi atleti protagonisti

dell'evento e della pellicola a dimostrazione che il

titolo in italiano è questa volta azzeccato, la scelta

di affidare la regia a dei virtuosi della telecamera

piuttosto che a un documentarista sportivo ha favorito

la riuscita del film sotto l'aspetto puramente artistico

e lo stile inconfondibile soprattutto dei più famosi

emerge fortissimamente permettendoci di cogliere

ed apprezzare ciò che l'occhio non vede.

La struttura della pellicola è molto affascinante

poiché non affronta le gare schematicamente

presentando gli atleti e raccontando la competizione

in maniera canonica ma lascia spazio alle immagini,

ai rumori, al boato della folla e soprattutto alla musica

di Henry Mancini più tanta classica tra i quali Bizet,

Radetzky, Beethoven.

La libidine estrema nel vedere in azione delle leggende

dello sport si fonde con la libidine estrema nel vedere

all'opera delle leggende della m.d.p. in ascesa verticale,

ogni segmento si apre con alcune istantanee che

immortalano i registi durante le riprese del film stesso

e logicamente la lingua nelle didascalie e nella voce

off è rigorosamente il tedesco che pur non essendo una

materia a me cara mi ha spinto ancora di più a salire sul

film e rituffarmi in una bellissima olimpiade macchiata  

dalla drammatica vicenda degli atleti israeliani assassinati

dai terroristi di Settembre Nero, ma andiamo con ordine:

 

- L'INIZIO - YURI OZEROV (URSS)

 

Il primo segmento è il più ovvio del film e denota lo

stile da documentarista di Ozerov che si limita ad

illustrare l'atmosfera del villaggio olimpico fino a

creare un parallelismo fra l'atleta che sta per iniziare

il suo esercizio e l'inizio del film in un esplosione

di immagini prese da ogni disciplina e montate in

maniera serrata in frames sempre più ridotti, già in

questa rapida sequenza si possono ammirare alcuni

dei protagonisti assoluti di questa olimpiade:

Mark Spitz vincitore di 7 ori con i suoi caratteristici

baffi  e il costume a stelle e strisce, la ginnasta

russa Olga Korbut vincitrice di 3 ori mentre esegue

il "Korbut flip" alle parallele asimmetriche, un

movimento che scatenò l'entusiasmo della folla,

un tuffo dalla piattaforma del nostro Klaus di Biasi

vincitore della medaglia d'oro.

 

- IL PIU' FORTE - MAI ZETTERLING (SVEZIA)

 

L'unica donna degli otto si sofferma sulla disciplina più

maschile in assoluto, il sollevamento pesi, ne scaturisce

un documento direi commovente su questo sport così

faticoso popolato da omoni apparentemente indistruttibili

ma in realtà pieni di umanità e debolezza nell'affrontare

uno sforzo a volte superiore alle loro capacità.

Il duro allenamento unisce un po’ tutte le categorie

di peso contraddistinte dalla differente fisicità dei

suoi interpreti, tra i quali si ergono su tutti i super

massimi a cui viene dedicato ampio spazio proprio

perché in gara c'è la leggenda, il più grande

sollevatore di pesi della storia: Vasily Alexeev,

uno dei simboli di questa olimpiade, cade si rialza

e vince mentre il belga Emil Reding non riuscirà

ad essere competitivo si dice perché sconvolto

dalla tragedia degli atleti israeliani, osservate poi

la cura per non dire l'amore che l'aiutante dello

svedese Bettembourg impiega nel pettinarlo

evidenziando una volta di più l'aspetto umano

di questi giganti.

Una volta finita la gara si smonta il teatro e per

muovere il bilanciere della vittoria del grande

Alexeev ci vogliono cinque inservienti.

 

-IL PIU’ IN ALTO- ARTHUR PENN (USA)

 

L’episodio firmato dal grande Arthur Penn è tutto

incentrato sui salti a più di cinque metri di altezza

degli astisti, le cui evoluzioni sono esaltate più che

mai dalla maestria e lo stile del grande cineasta

statunitense che utilizza nel montaggio una serie

di virtuosismi come la moviola e la dissolvenza

utilissime per farci apprezzare ogni singola fase

di questo esercizio così complesso in cui coesistono

forza, agilità, corsa ed elasticità.                                         

Un po’ come avviene nella gara stessa, in

cui il folto gruppo di partenza va man mano

riducendosi per l’eliminazione dei concorrenti

che non raggiungono la misura, l’episodio

mescola senza soluzione di continuità le

prove di molti partecipanti per poi restringere

il campo agli ultimi due contendenti rimasti per

la medaglia d’oro ossia il campione in carica

statunitense Seagren e il tedesco orientale

Nordwig, il bell’americano ha il suo da fare oltre

che con l’avversario anche con i giudici che gli

negarono l’utilizzo della sua asta personale non

ritenuta omologa. Il silenzio rumoreggia, non si

ode una parola in questo segmento, solo il boato

della folla che accompagna la discesa verso il

materasso, fino all’ultimo ravvicinato fermo

immagine che ci rivela il vincitore sorridente di

gioia durante la ricaduta verso la gloria.

 

 -LE DONNE- MICHAEL PFLEGHAR (GERMANIA)

 

Il quarto segmento è forse il più debole dal

punto di vista strutturale ma ricchissimo sul

lato umano visto che è interamente dedicato

alle donne e non ad una disciplina specifica.                        

La bella portabandiera tedesca Heidi

Schuller introduce con il giuramento la

parata delle atlete di tutto il mondo che

sfilano durante la cerimonia di apertura

in un crescendo che culmina nel 

montaggio serrato composto da tantissimi

particolari scolpiti sui volti delle ragazze in

gara e nella fase di riscaldamento.                              

Pfleghar si sofferma con più attenzione su

quattro prove: il lancio del peso dominato

dalla mascolina Nedezda Cizova vincitrice

dell’ennesima medaglia d’oro per l’URSS,

il salto in lungo vinto dalla bellissima

Heidi Rosendahl, non è un caso che il suo

splendido sorriso compare in video più di

una volta poiché questa fenomenale ragazza

tedesca fu capace di vincere due ori ed un

argento rispettivamente nel lungo, nella

staffetta 4x100 come ultima frazionista in

una gara indimenticabile contro le tedesche

dell’est battute negli ultimi trenta metri, nel

pentathlon dove arrivò seconda per una manciata

di punti ma dimostrò di essere una atleta formidabile,

icona assoluta di questa manifestazione con

i suoi immancabili occhialini con montatura

leggera, Ulrike Meyfarth giovanissima saltatrice

in alto opposta all’allora primatista del mondo

l’austriaca Gusenbauer: è interessante notare

come in questa gara ci sia una significativa

affermazione di uno stile innovativo come il

Fosbury contro l’ormai obsoleto ventrale,

sarà infatti proprio l’allora sedicenne Meyfarth

a far impazzire di gioia i suoi connazionali

eguagliando il record del mondo di 192 cm

saltati con estrema disinvoltura mentre l’austriaca

sua rivale arrivò terza evidenziando i limiti tecnici

della vecchia scuola.    

La coda è tutta dedicata alla leggendaria ginnasta

sovietica Ludmilla Tourischeva e il suo esercizio alle

parallele asimmetriche: la grazia dei suoi movimenti

e la sua bellezza glaciale incantano ed emozionano

ancora oggi dopo quaranta anni, vinse l’oro a squadre

ed individuale più un argento e un bronzo diventando

uno dei simboli di Monaco 1972, a mia modesta

opinione la ginnasta più bella mai vista, non a caso

questo segmento si chiude con un suo primo piano

bellissimo che esprime il concentrato di emozioni che

vive un atleta prima dell’esecuzione della sua prova.

 

-IL PIU’ VELOCE- KON ICHIKAWA (GIAPPONE)

 

I 100m piani, la gara più breve di tutte le

discipline è anche la più famosa e Ichikawa

l’affronta in maniera diretta senza giri di parole

o evoluzioni di immagini, si limita a racchiudere

in pochi minuti la concentrazione e lo sforzo fisico

dei finalisti ripresi singolarmente con inquadrature

dettagliate ed ovviamente rallentate finché gli otto

atleti compaiono allineati sullo start ma inquadrati

dalla linea del traguardo fino allo sparo fatidico che

li mette in movimento per quei dieci secondi che

valgono il lavoro di un secolo, il commento

sovrapposto in tante lingue sancisce la vittoria

del sovietico Valeri Borzov.

 

-IL DECATHLON-  MILOS FORMAN  (CECOSLOVACCHIA)

 

La gara del decathlon è lunga e sfiancante

oltreche ricca di sorprese e così è anche

l’episodio di Milos Forman che pur trattando

un tema sportivo riesce a realizzare il suo

contributo all’opera senza accantonare

quell’umorismo boemo che caratterizzò

i suoi lavori degli esordi, quando non era

ancora espatriato negli USA.          

La musica sembra essere la scintilla

scatenante per Forman, come è per i

decatleti la voglia di trionfare in questa

disciplina che esalta la polivalenza

di uno sportivo obbligato nell’arco di

due giornate a completare tutte le gare

altrimenti non viene classificato:

la nona di Beethoven, i canti popolari

bavaresi e varie altre sinfonie sono il

commento alle gesta di questi atleti

a cui si contrappongono come agenti in

divisa i giudici di gara che a quanto

pare ebbero un ruolo significativo sulle

sorti di questo decathlon poiché dopo

una prima giornata piuttosto equilibrata

al tedesco orientale Kirst furono contestati

degli scarpini con tacchetti non regolamentari

prima di scendere in pista per i 110m ostacoli,

la gara che apre il secondo giorno e guarda

un po’ Kirst crollò inciampando sul secondo

ostacolo lasciando via libera al suo rivale

sovietico Avilov che riuscì a salire sul gradino

più alto del podio migliorandosi in nove prove

su dieci e stabilendo il nuovo record del

mondo.

 

- GLI SCONFITTI- CLAUDE LELOUCH (FRANCIA)

 

Da grande regista romantico come Lelouch non

poteva che dedicare il suo segmento ai sentimenti

e non ad una disciplina in particolare: quanti spunti

di ripresa e risvolti può causare nell’atleta l’errore,

la resa, l’infortunio, la sconfitta.                                   

Lelouch mette da parte per un po’ l’aspetto

puramente atletico delle olimpiadi soffermandosi

sulla disperazione di un pugile dichiarato battuto

che non accetta il verdetto, un ciclista giapponese

finito rovinosamente fuori tracciato,le pesantissime

cadute da cavallo nei concorsi ippici, un flash dalla

piscina olimpica dove allineati al traguardo osserviamo

per un attimo Mark Spitz toccare per primo il bordo

ma non riusciamo a cogliere la sua gioia poiché alla

sua sagoma che affiora dall’acqua si sovrappongono i

volti affranti ed affaticati degli altri nuotatori in gara che

egli ha appena battuto.                                 

La scelta del commento audio è affidata in

maniera non certo casuale ad un lacrimogeno

violino che suggella in maniera commovente

lo spirito olimpico che si respira sulla pedana

della lotta greco romana dove la contesa si

è appena conclusa e come sempre ci

sono vincitori e vinti ma a trionfare su tutti e

l’amore per lo sport, la lealtà e il rispetto fra

atleti di nazioni avversarie.

 

- IL PIU’ TENACE - JOHN SCHLESINGER (INGHILTERRA)

 

 L’episodio di John Schlesinger è stato per

anni una casella mancante nella lista dei

suoi lavori da me visionati e quindi poterlo

vedere mi ha dato una grande soddisfazione.           

Sotto l’aspetto puramente tecnico è il più bello

dell’intero lotto e mi ha colpito tantissimo che 

lo stile così free del grande maestro inglese

è scintillante come nei film del suo periodo

creativo migliore, infatti non si limita a raccontare

la regina delle discipline olimpiche, la maratona

vinta dallo statunitense Frank Shorter ma si

sofferma su istantanee inquietanti dell’episodio

drammatico degli atleti israeliani uccisi dal

commando terroristico palestinese in un pastiche

di immagini suoni e sensazioni che si intersecano

con l’avventura olimpica del maratoneta inglese

Ron Hill vero protagonista del segmento.                                  

Hill viene intervistato in proposito al massacro

di Monaco al quale non ha prestato molta

attenzione per non rischiare di perdere la

concentrazione necessaria al suo impegno e

poi viene seguito passo per passo, prima,

durante e dopo la gara, dalle colline del south

England fino alle strade di Monaco nel vivo della

corsa dove esplode fragorosa la maestria registica

di Schlesinger che manda fuori giri la nostra

percezione del tempo con dei virtuosismi

tecnici, attraverso la soggettiva riusciamo quasi

ad immedesimarci nello sforzo sovrumano del

maratoneta, fino a provare una sensazione quasi

di morte che riporta al dramma degli atleti uccisi.                     

L’outro del film è compresa in questo segmento

e rimanda ovviamente con l’effige luminosa a

Montreal 1976, all’olimpiade appena conclusasi

a Londra e a tutte quelle che verranno, quando

un altro Ron Hill potrà rifarsi dell’insuccesso.

 

Dedicato a tutti gli sportivi puliti, ai nostri medagliati, agli atleti periti nel massacro di Monaco, allo sport e lo spirito olimpico.

 

VISIONS OF EIGHT è in alta definizione su youtube

 

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