Regia di István Szabó vedi scheda film
Un bambino rimasto orfano di padre si sforza di capire di più chi fosse suo padre: tramite i suoi non molti ricordi, i racconti della madre e delle persone che lo avevano conosciuto.
È un interessante esempio di cinema ungherese, del periodo in cui l'Ungheria era stata inclusa “d'ufficio” nel blocco sovietico, cinema che a torto si presume lento e noioso.
Questa pellicola, infatti, è veloce e vitale, ed è pervasa da una specie di freschezza e sincerità, che la rendono sempre piacevole da vedere. Inoltre, vi si respira una certa aria da nouvelle vague; non a pieni polmoni, ma qualche spiffero si può inalare. Ciò si concretizza nella mancanza di una rigida struttura narrativa, e in uno stile un po' scalpitante, per così dire, che cerca soluzioni originali.
Il soggetto è costituito dalle riflessioni e le curiosità di un prima bambino, e poi giovane uomo, il quale cerca di capire meglio che tipo fosse stato suo padre, che purtroppo morì quando lui era piccolo, dopo una breve malattia. Ciò accadde, a quanto pare, nel primissimo dopoguerra. Ne esce il ritratto frastagliato di un uomo comune, con lati positivi e negativi, ma per nulla mitico o nobile. Era un medico, e sembra anche che avesse avuto una relazione con una dottoressa, di cui nessuno, a casa, aveva avuto sentore.
La moglie (e madre del ragazzo) lo amava, per così dire, moderatamente, e non lo esalta agli occhi del figlio. Ciò non di meno, egli è animato dalla naturale curiosità di conoscere, benché in modo postumo, colui che gli aveva dato la vita.
Come nella rappresentazione di quest'uomo già trapassato da anni, ma ancora presente nel ricordo e nel desiderio di sapere cose su di lui, rifiuta, come si è già capito, ogni retorica e idealizzazione. Lo stesso accade della rappresentazione dell'Ungheria del dopoguerra e della gioventù degli anni '60, compresa l'assenza di impostazione ideologica e riverenza per l'Unione Sovietica. Anche per questo motivo, va apprezzato il premio che il festival del cinema di Mosca comunque dette alla pellicola.
Istvan Szabo si sarebbe in seguito dedicato ad un cinema in costume e storico non molto agile e di maggiore peso specifico (Il colonnello Redl, Mephisto), ma qui ha ancora un'impronta fresca, vitale e creativa, che forse corrispondeva di più alla sua vocazione. Da riscoprire.
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