Regia di Joseph H. Lewis vedi scheda film
Joseph H. Lewis è stato considerato dalla critica mainstreming un regista da B-movies. Più recentemente studi più approfonditi sulle sue opere hanno permesso di evidenziare l'originalità di alcuni suoi film collocati soprattutto nell'ambito del genere noir anni 40-50. Mi chiamo Julia Ross (1945), La sanguinaria (1950), La polizia bussa alla porta (1955), Voi assassini (1955) sono solo alcuni titoli che è consigliabile visionare per comprendere la poetica di Lewis. Anche Così scura la notte (1946) si colloca nel filone noir. Il fim di Lewis esce però per molti versi dal plot più tradizionale e steriotipato di genere per alcune soluzioni innovative che testimoniano l'originalità del regista.
Protagonista della storia è Henri Cassin (Steven Geray) mitico e attempato poliziotto parigino che dopo anni di impegno stakanovista nella lotta al crimine decide di prendersi un vacanza recandosi in un calmo paesino della provincia francese. In questo posto ostentatamente anonimo e convenzionale Cassin attira le attenzioni della giovane e avvenente Nanette (Micheline Cheirel), unica figlia della famiglia che lo ospita, scatenando la furibonda gelosia di Leon (Paul Marion), giovane fidanzato della ragazza. Quando però vengono scoperti in sequenza i corpi prima di Nanette e poi di Leon il registro della narrazione cambia radicalmente: si passa improvvisamente dal timbro della commedia romantica a quello della crime story più cruenta. Scoperti i due omicidi il mitico poliziotto Cassin comincia il suo lavoro di indagine per dare un volto all'assassino. Parte così una minuziosa raccolta di indizi che sembrano disegnare passo dopo passo il volto dell'assassino. Ma man mano che le prove vengono raccolte l'identikit del criminale si avvicina sempre di più al volto dello stesso poliziotto Henri Cassin.
Joseph H. Lewis propone un film sulla schizzofrenia, sul doppio, sulla frammentazione dell'immagine e sull'incapacità di dominare il reale. Per fare questo Lewis adotta soluzioni filmiche di grande eleganza ma di eccessivo stampo manieristico. Il ricorso ad immagini a più riprese schermate, riflesse da specchi, filtrate da vetri di finestre oppure ostacolate da oggetti interposti restiuisce una proiezione indefinita del protagonista evidenziando la doppiezza e l'inclassificabilità della personalità umana.
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