Regia di Federico Fellini vedi scheda film
La semplicità dei titoli di testa, quel contrasto abissale con quelli artefatti che si utilizzano oggi, è la prima cosa che mi è venuta pensando guardando questo film, il primo di Fellini che abbia mai visto. Poi tutto si è riempito di “manine” che, leggere, fluttuavano nell’aria accompagnate dal grido dei bambini. Poi Fellini racconta la vita, sullo sfondo la sua Rimini, con la sua gente, genuina e vera come non ce n’è più. Racconta lo scorrere di un tempo lungo un anno in cui svariati eventi si alternano e si affiancano nella vita di Titta che, lentamente, maturerà attraverso esperienze, gioie e dolori. Memorabile la scena nostalgica in cui Ciccio Ingrassia che, salito in cima ad un albero, grida al mondo “Voglio una donna”, come un solitario Adamo che reclama la sua Eva mai plasmata. Simbolica la scena del nonno che si perde nella nebbia paradisiaca e recita un monologo riflessivo che poi è la morale reale di tutto il film. Struggente quel “Com’è?” che il cieco suonatore perpetuamente pronuncia per riuscire a vedere attraverso l’oscuro. E anche alla fine “manine” avvolgono la campagna e le urla dei bambini che corrono incontro al futuro mentre le musiche suggestive, di Nino Rota, ci lasciano dentro un piccolo moto di solitudine. Capolavoro.
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