Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Una sagra della memoria, carica della vitalità rozza e popolaresca dell'ambiente rurale, a cui l'urbanizzazione ha aggiunto quel pizzico di affettazione che fa scattare la caricatura.
La burlesca esuberanza di un gruppo di ragazzi, in una cittadina romagnola degli anni trenta, è la lente deformante attraverso cui Fellini ci mostra i miti stralunati di un popolo contadino che, da un giorno all'altro, con orgoglio, si scopre coprotagonista di una favolosa gloria italica. L'esotismo, l'iperbole, il sogno e la follia sono gli elementi irrinunciabili di un mondo esagerato e spostato, che è sempre un po' "fuori", perché nella natura umana, con tutti i suoi istinti inappagati, non c'è posto per la normalità. Ciò è tanto più vero per la gente, genuina e sanguigna, nata dalla grassa e generosa terra di Romagna; ed è a questa che Fellini rivolge, in "Amarcord", un prodigioso tributo di nostalgica adorazione.
Fellini ci seduce, come sempre, con quel suo sguardo magico eppur disincantato, che fa riemergere, da un passato neanche troppo lontano, l'anima della "sua" Italia. Un'Italia da copertina della "Domenica del Corriere", ancora capace di stupirsi e, all'occorrenza, di gridare al miracolo. Un'Italia da "commedia dell'arte", del "ciascuno a suo modo", che sapeva ancora vivere gli eventi con la sentita partecipazione di ognuno, prima che la televisione appiattisse tutto ad un grigio fenomeno di massa. E, non ultima, un'Italia materna e matronale, prolifica e grondante di sensualità ed emozioni – un tempo così tipica dello spirito nostrano - che la modernità ha cancellato perfino dall'immaginario collettivo.
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