Regia di Leo McCarey vedi scheda film
Il viaggio in transatlantico è raccontato in tono leggero, anche un po’ frivolo, e la sosta a Madeira è piuttosto melensa: all’inizio sembra una commedia sentimentale démodé. La tipologia umana rappresentata da Charles Boyer, ossia il puttaniere con sani valori familiari, per fortuna è stata messa in soffitta da un pezzo (ci voleva giusto Warren Beatty per poter pensare di riesumarlo), ma in un contesto anni ’30 fa la sua figura. Molto anni ’30 anche l’idea dell’appuntamento in cima all’Empire State Building (“la cosa più vicina al paradiso che abbiamo a New York”), in un suggestivo connubio fra sentimentalismo e modernità. Nonostante qualche numero musicale di troppo tenda a stemperare il pathos (i bambini dell’orfanotrofio potevano francamente esserci risparmiati), nella seconda parte il melodramma cresce molto bene e lo scioglimento finale davanti al quadro è davvero toccante.
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