Regia di James Wong vedi scheda film
Nel tortuoso, lungo ed articolato dibattito sullo slasher oggi, la serie delle “destinazioni fatali” prende sorprendentemente voce in capitolo. Il fatto che a sfoltire il gruppetto di teen-agers ci sia la morte in persona e non un suo invincibile inviato è determinante nella comprensione teorica del genere. Ammesso che ci si diverte di più con la presenza fisica del killer, convogliare tutto l’immaginario e il concetto moderno dello slasher nella Morte credo sia troppo semplice e vano. Va detto che tutti e tre i film sono divertenti e ben fatti, soprattutto il primo e il terzo, entrambi di James Wong, ma ciò non toglie il limite delle tre produzioni. Limite esclusvo dell’appeal della storia, perché in quanto meccanismi, genialità ed estetica il gioco vale la candela, o meglio il film il biglietto. In questo terzo capitolo, annunciato come l’ultimo, vediamo i soliti tentativi di boicottare la morte, farla saltare e giocarla. Le morti sono sempre spettacolari, quella iniziale delle montagne russe soprattutto, ma mai estremamente complicate. La migliore è l’ultimi, quella che vede morire il sempre bravo e in parte Kris Lemche che da potenziale vittima si trasforma nella nemesi della protagonista. Non capisco perché con Lemche nel cast, la produzione non l’abbia scelto come protagonista. Arcani del cinema. Comunque sta di fatto che la sua morte, che ne impreziosisce il personaggio, è la migliore perché viene filmata con certa atternzione. Tanta da rimanere sul corpo lacerato del malcapitato per quella manciata di secondi in più rispetto alle altre morti da essere davvero un’immagine gore. Non come quelle castrate che tanti filmacci pavoneggiano. Tornando al discorso teorico sullo slascher, sembrerebbe che solo l’approccio dei “Final Destination” sia quello vincent, capace di dare nuova linfa ad un genere che a detta di molti sembrerebbe paludato sui suoi stessi schemi prevedibili. Quello che credo io è che la stessa salsa, trita e ritrita, ma ben fatta e ben confezionata è sempre un lusso. Perché è proprio nella ripetizione di determinati topoi che il pubblico horror avverte la sublimazione con il grande schermo.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta