Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
Doveva essere il film più cattivo e lapidario di Nanni Moretti sulla sua ossessione maggiore dai primi anni novanta in poi, cioè Berlusconi. Invece è, se non il suo film peggiore, il più scioccamente pretenzioso, banale e inconcludente. Sebbene, a tratti, addirittura struggente.
Ebbene, come sappiamo, il cavaliere Silvio Berlusconi morì lo scorso 12 Giugno in quel dell’Ospedale San Raffaele, a Milano. Città, peraltro, ove nacque, sì, natia. Insomma, che gli diede i natali, ovvero esattamente nel giorno, per nulla nefasto per la Sinistra italiana e per i benpensante catto-borghesi moralisti, del 29 Settembre del ‘36. Il caimano, firmato da Nanni Moretti, che si ritaglia una piccolissima apparizione (anche altro ma vi dirò poi), da lui stesso scritto, inevitabile suo punto d’approdo e compromesso fra Cinema impegnato-scanzonato con echi malinconici à la Aprile, ove divenne emblematica quella sua frase sibillina... D’Alema di’ (seconda persona singolare da non confondere con dì, cari illetterati) qualcosa, e ideologico pamphlet vagamente accusatorio anti-berlusconiano, ruffiano verso il suo pubblico forse radical-chic e i suoi irriducibili aficionados incalliti e duri a morire, è una pellicola del 2006, sopraggiunta decisamente prima di Loro per la regia di Paolo Sorrentino che, immediatamente, ivi interpreta il marito di Aidra (Margherita Buy), personaggio fittizio appartenente alle pellicole (a metà strada fra il trash più becero e pre-tarantiniani b movies nel peggio o soltanto godibilmente rozzi, volutamente naïf), celebrate dal reale Tatti Sanguineti, nell’incipit, del suo vero consorte, Bruno Bonomo (il cognome è alquanto esplicativo ed è inutile aggiungervi altro). Col quale, però, sta divorziando malgrado vivano ancora, forse per poco, assieme e coi due figli piccoli in casa di lei. Durante una panchina del pargoletto calciatore in erba o da campo sterrato, no, durante una pacchiana, anacronistica, patetica e triste serata di gala in onore di Bonomo, presieduta dal debordante, forse troppo magnificante relatore succitato (Sanguineti, critico nella vita reale e qui critico di fantasia che si chiama Beppe Savonese), una giovane ragazza, di nome Teresa (Jasmine Trinca), gli lascia un copione. Importante? Forse incentrato su Berlusconi? Certamente... Bonomo se lo prefigura, forse inconsciamente, nei suoi incubi a occhi aperti, secondo le fattezze di Elio De Capitani ma, nella pellicola diretta dall’esordiente, per il lungometraggio Il caimano, già autrice di due shorts, Teresa, sarà incarnato dal filibustiere attore fallito Marco Pulici (Michele Placido), un adoratore sfegatato di Gian Maria Volonté. O forse no? Da Moretti stesso con manie di protagonismo e idolatrie verso un farisaico comunismo-solipsismo? L’Italietta, così definita da Jerzy Sturovsky (Jerzy Stuhr), pantomimica e messa su puttanescamente e burlescamente, potremmo dire, da Silvio Berlusconi, burattinaio pinocchiesco, sta andando a farsi fottere più d’una futura Ape Regina. Sabina Began? Sarebbe, costei, venuta con Silvio, sarebbe arrivata... dopo o finse orgasmi col “cavaliere” per occupare un posto di sedere o di potere? Anche il matrimonio di Bonomo sta colando a picco, sta andando a puttane mentre il “finto” capitano di polizia della Guardia di Finanza, alias Cesari (Valerio Mastandrea), si sputtanò e vendette più di una maîtresse da villa Arcore. Bonomo e Teresa ci mettono il cuore in un mondo ove un ex Presidente del Consiglio davvero si fece il culo per avere molti deretani sodi e glutei torniti, oppure corruppe e fu corrotto dalla mafia per pararselo del tutto? Coprendo le sue vergogne e le magagne dietro barzellette imbarazzanti? Il caimano è un film paraculo, un meta-cinematografico biopic, tutto sommato sterile, che dice tutto e dice niente e, con la scusante di fare cultura e informazione, con la furbata di smascherare il premier, diviene soltanto una mezza occasione sprecata e l’ennesimo film di Moretti costruito intorno alla sua ruffianeria nei riguardi innanzitutto di sé stesso, dunque dei suoi fan e nei confronti del suo simpatizzato, sbandierato schieramento politico da uomo che dice e fa la cosa giusta, più ipocritamente (anti)politically correct di Berlusconi stesso. Ha dei momenti lirici indubbiamente poetici, si segue volentieri e financo, a tratti, risulta divertente, galoppando frequentemente su alti registri sottili e delicati. Ma, nella sua completa amalgama, si squaglia, è inconsistente, ripeto innocuo e dimenticabile presto. Non rimane affatto impresso e, in fin dei conti, risulta per l’appunto più fake del lifting di Silvio. È Cinema “cerone”, che si presenta bello e di valore ma nasconde la gelida scheletricità, perfino schematicità, d’una superba falsità che fa più paura del cammeo di Paolo Virzì ed era già più vecchio di Giuliano Montaldo all’epoca. V’è anche Anna Bonaiuto avvocatessa fottuta fra un Matteo Garrone pre-notorietà cineastica, Antonio Catania, Cecilia Dazzi, Carlo Mazzacurati, Toni Bertorelli e chi più ne ha più ne metta.
di Stefano Falotico
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