Il film racconta le vicissitudini di due sorelle, Juliette e Justine, nella Francia occupata dai nazisti. Juliette (Annie Girardot) è l’amante di un colonnello delle SS, mentre Justine (Carherine Deneuve) è in procinto di sposare un giovane aderente alla Resistenza, che viene arrestato dalla gestapo proprio il giorno delle nozze. Justine si rivolge allora alla sorella, pregandola di intercedere presso il suo compagno nazista affinché il fidanzato venga rilasciato. Juliette si rifiuta di aiutarla e lascia anzi che anche Justine venga arrestata e deportata insieme ad altre fanciulle in un castello dove i gerarchi nazisti ne fanno oggetto dei loro appetiti. La guerra, però, sta giungendo rapidamente al suo epilogo e tra i Tedeschi è iniziato un fuggi fuggi generale. Finale tragico per Juliette e il suo amante tedesco, lieto fine per la povera Justine, liberata dalle forze alleate.
Roger Vadim non viene e credo non verrà mai ricordato come grande autore cinematografico. Passa semmai alla Storia per aver scoperto, lanciato e spesso sposato attrici destinate a grandi carriere. I suoi lungometraggi sono di livello medio o addirittura mediocre. Mancano di mordente e non reggono il confronto con le opere sfornate negli stessi anni dalla Nouvelle Vague. Figure come Jean-Luc Godard o François Truffaut gli devono nondimeno l’incontro con autentiche icone del cinema francese, quali Brigitte Bardot e Catherine Deneuve. Questo film del 1963 è un esempio eloquente delle capacità e dei limiti del regista, qui anche co-sceneggiatore. Inizialmente scorrevole e interessante, la trama ben presto s’ingarbuglia e si fa decisamente grottesca nelle scene girate nel castello. Il modello s’ispira all’opera del marchese de Sade ed è la parte in cui si sfiora il ridicolo. Catherine Deneuve recita limitandosi ad offrire il suo bel musetto alla cinepresa. E’ il suo primo ruolo importante in un film che la rende conosciuta al grande pubblico, il primo di una carriera certamente stratosferica, ma che non iniziò in maniera eclatante. Annie Girardot se la cava molto meglio. Niente di straordinario, per carità, ma appare convincente nel ruolo dell’opportunista egocentrica, travolta da eventi tragici di cui non coglie e non ha mai colto la portata. Il protagonista maschile è Roberto Hossein. Con quegli occhi da cocker e la sua aria sommessa, in veste di cinico ufficiale della gestapo è quanto di meno credibile si possa immaginare.
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