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Il grande gelo

Regia di Roger Spottiswoode vedi scheda film

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La recensione su Il grande gelo

di trebby
6 stelle

Il film è la trasposizione sul piccolo schermo del libro del 1987 ''And the band played on'' scritto dal giornalista del ''San Francisco cronichles'' Randy Shilts morto di aids nell'inverno del 1994. Il libro racconta la storia dell'aids in generale e dell'impatto che ebbe sulla società americana in particolare commettendo anche un errore grave: Shilts ''accusò'' l'assistente di volo franco-canadese dell'Air Canada Gaetan Dugas (1953-1984) di essere il paziente zero, commettendo un grossolano errore in pratica scambiò la ''O'' di patient outside california per patient zero.  Tuttavia nonostante questo grave errore dovuto più che altro alla confusione dei primi anni il volume di Randy Shilts rimane in un certo senso un ottimo libro sulla storia del virus. Detto questo bisogna notare che in questa comunque buona produzione televisiva ci sono molte star di Holliwood che hanno prestato il loro volto alla causa della lotta all'aids venendo talvolta diretti in maniera pessima. Prendiamo ad esempio Ian Mckellen che tutti noi abbiamo conosciuto ed aprezzato nel ruolo di Gandalf nel signore degli anelli, ebbene il Mckellen con tutta la sua buona volonta e buona fede si ritrova totalmente fuori parte: Ian Mckellen che all'epoca delle riprese aveva 54 anni ma ne dimostrava venti di più interpreta Bill Krause (1947-1986) attivista per i diritti degli omosessuali vicino ad Harvey Milk, l'attivista famoso per aver avuto il coraggio di proporre la chiusura dei ''gay bathouse'' a scopo precauzionale guadagnandosi il disprezzo della comunità gay all'epoca dei fatti aveva 35 anni ma ne dimostrava 30; come se non bastasse il regista condisce il personaggio con espedienti narrativi esageratamente ''plateali'' appesantendo un'interpretazione di per se già poco credibile. Ottima invece l'interpretazione di Steve Martin in uno dei suoi rari ruoli drammatici, qui il regista da il meglio di se ponendo il buon Steve Martin al centro di un giallo dai risvolti inquietanti: in un'epoca in qui si ignorava che il virus si trasmette sopratutto per via ematica e quindi mediante trasfusioni di sangue Martin è il fratello di un donatore di sangue che aveva nascosto a tutti la propria sieropositività facendo ammalare un uomo emofiliaco. Da questo episodio il regista fa scaturire uno dei momenti più intensi e drammatici del film: nel gennaio del 1983 i medici presentano ad una commissione la spaventosa scoperta e si devono scontrare contro gli interessi delle corporation che gestiscono le trasfusioni che in America prevedono compensi per i donatori. Discreta l'interpretazione di Richard Gere, ottima quella di Charles Martin Smith che si riscatta definitivamente dalla scialba apparizione in ''American graffithi''. Voto al film 6.

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