Regia di Pasquale Squitieri vedi scheda film
Razza selvaggia ha tutti i pregi (non molti, ma comunque evidenti) e i difetti (non pochi, e purtroppo evidenti) dei lavori di Squitieri; si tratta di un apologo - per una volta più sociologico che politico - sulla degenerazione con protagonisti due ragazzi (Mario e Umberto) che dal sud si spostano al nord e vi trovano un Eldorado perfino eccessivo, fatto di situazioni e personaggi al di là della legge e che presto finisce per inghiottire nella sua inarrestabile voracità i due giovani. Pregi, sì: c'è un'indagine sociale neppure troppo scontata, ma funestata da scontatissimi difetti in verosimiglianza, nonostante al nome del regista si affianchi, in sceneggiatura, quello 'nobile' di Ennio De Concini; e se le idee di fondo sono intuibili e apprezzabili, è d'altronde impossibile riconoscerle come realizzate nella forma finale che Squitieri dà al suo prodotto. Per esempio, un grave limite (anche questo, non nuovo per lui) sta nella direzione degli attori: lasciati allo sbando, interpreti di scarsa efficacia come Saverio Marconi e Stefano Madia danno davvero del loro peggio, così come non eccelle nessun altro nel cast se si fa eccezione per un caratterista come Enzo Cannavale, sempre indiscutibile per quanto relegato qui in un ruolo minore. Per il secondo film consecutivo, dopo L'arma (1979), Squitieri si rivolge a Tullio De Piscopo per la colonna sonora; se nel precedente lavoro l'esuberanza del percussionista napoletano aveva finito per licenziare musiche protagoniste, ma non sempre affini al contesto, in questo caso l'abbinamento è perfino peggiore perchè meno incisive sono le sue composizioni, e soprattutto troppo briose e ritmate per un film lugubre e riflessivo come questo (identica cosa avveniva per la colonna sonora de I guappi non si toccano, di Mario Bianchi, 1979). 3,5/10.
Un giovane campano si trasferisce per lavoro al nord; lo trova e trova l'amicizia in un ragazzo con il quale vive nottate turbolente a base di droga, delinquenza, violenza.
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