Regia di Pasquale Squitieri vedi scheda film
Come trasformare un potenziale western dei giorni nostri in un poliziottesco squinternato; ecco che il talento di Squitieri si rivela alla perfezione, in maniera emblematica, in questo L'ambizioso, che è tutt'altro che un brutto film: ma le istanze 'civili' sono sostituite da salve di pallottole e la presupposta denuncia sociale rovina frettolosamente nel baratro senza fondo dell'azione e della spettacolarità fini a sè stesse. Ciò per dire che il regista ha una spiccata propensione, che qui dimostra appieno, verso il cinema contemporaneo delle città violente e dei poliziotti impotenti, sebbene cerchi in ogni modo di orientare il proprio lavoro verso tematiche di un certo rilievo critico e questioni in qualche modo 'politiche'. Ma nella trilogia sulla criminalità organizzata campana, di cui questo L'ambizioso è il terzo titolo seguendo Camorra del 1972 e I guappi del 1974, la politica e la critica sociale sono solamente un sovrappensiero sottile, e ciò accade specialmente in questa pellicola, un punto interrogativo lasciato in sospeso senza troppa cura dal regista, che è qui anche sceneggiatore (con la collaborazione di Carlo Rivolta). A peggiorare la situazione, inoltre, c'è un cast nel quale i nomi più celebri sono quelli di Raymond Pellegrin e di Stefania Casini, mentre il rulo centrale dell'opera viene affidato a un fotomodello della scuderia Warhol che non ha mai fatto dell'espressività la sua bandiera, cioè Joe Dallessandro. Nonostante la solida tenuta narrativa, quindi, L'ambizioso non può certo dirsi lavoro risolto; non male le musiche di Franco Campanino, montaggio di Mauro Bonanni. 3,5/10.
Giovane camorrista inviso a un boss ripara a Roma, dalla Campania, per rifarsi una vita. In realtà allestisce la sua banda per tornare a vendicarsi: ma non sarà tanto semplice.
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