Regia di Ishirô Honda vedi scheda film
Per la maggior parte della nuova generazione, di cui anch'io faccio parte, quando si parla di Godzilla si pensa a quel mediocrissimo film di Emmerich, pieno zeppo di stereotipi, buchi nella sceneggiatura enormi, recitazione pessima, effetti speciali mediocri, comicità fuori luogo e con più riferimenti a Jurassic Park di Spielberg piuttosto che al classico film del '54.
Ed è proprio questo il film che voglio recensire, il film da cui è cominciata la più longeva saga della storia del cinema, con ben 28 film giapponesi ed UNO americano (quello di Emmerich NON conta, in quanto, come già detto non ha nulla a che fare con la saga).
L'idea di realizzare un film fantascientifico avnete come protagonista un mostro preistorico venne a Tomoyuki Tanaka, produttore della Toho (Divenuta una delle case cinematografiche di maggior successo in Giappone, proprio grazie alla saga di Godzilla), il quale aveva assistito alla proiezione di un film americano chiamato "Il Risveglio Del Dinosauro", opera prima del regista Eugene Lourie, film che contava tra le righe del cast, tra l'altro, il leggendario Lee Van Cleef, una delle faccie più note del cinema western italiano di fine anni '60.
Per girare questo fantomatico film di fanscienza venne scelto il quarantenne regista di documentari Ishiro Honda (che già era stato il secondo in regia del maestro nipponico Akira Kurosawa).
Il film venne scritto dallo stesso regista e da Takeo Murata, anch'egli alla prima vera esperienza nel mondo del cinema.
Da queste due menti nasce una delle trame più profonde nella storia del cinema di fantascienza. Godzilla, infatti, non è un semplice pupazzone che distrugge una città in miniatura, ma è una metafora, la metafora della vergognosa distruzione della bomba atomica che, nel 1945, il presidente degli U.S.A. Truman decise di lanciare sulle città di Hiroshima e Nagasaki come falsa vendetta dell'attacco di Pearl Harbor (più che una vendetta era una prova di dimostrazione del potere statunitense). Il mostro, infatti, è un dinosauro scampato all'estinzione che viene mutato geneticamente dagli esperimenti nucleari americani nell'Atollo di Bikini (queste origini vengono speigate in maniera più dettagliata nel film "Godzilla contro King Ghidorah" del 1991)
Questa denuncia semi-implicita viene fuori ulteriormente anche dal comportamento della creatura: Godzilla, infatti, attacca la città di Tokyo senza nessun motivo; sembra solo voler provocare morti e distruzione per il proprio gusto personale. La stessa cosa venne fatta dagli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale: La bomba atomica non aveva uno scopo VERO E PROPRIO, in quanto l'esercito giapponese si sarebbe arreso da un momento all'altro a causa di assenza di rifornimenti ed in continua ritirata.
Ma non è solo il mostro a porre qusta denuncia: Il personaggio del professor Serizawa (interpretato da Akihiko Hirata), forse quello meglio caratterizzato della pellicola, trova il possibile modo per uccidere il mostro: una bomba capace di rimuovere l'ossigeno dall'aria e dall'acqua ditruggendo tutto ciò che trova. Lo scenziato però si rifiuta di utilizzare la propria arma per distruggere Godzilla, in quanto un solo utilizzo, porterà le maggiori forze militari del pianeta ad interessarsi dell'arma, e quindi ad utilizzarla per scopi militari; ma alla vista della distruzione avvenuta a causa del mostro e della desolazione che ha colpito l'intera popolazione giapponese, il dottore decide di fare uso della propria bomba ed anche, però, di morire nell'esplosione, per mantenere la formula che ha portato all'invenzione dell'arma un segreto eterno.
A dare volto ai personaggi troviamo, oltre ad Akihiko Hirata, anche il grande Takashi Shimura, famoso per essere stato uno degli attori feticcio di Akira Kurosawa (è stato anche il leader dei Sette Samurai, nel celebre capolavoro omonimo del regista), Akira Takarada e Momoko Kochi.
La regia di Honda è impeccabile, ricca di campi lunghi fenomanali e di inquadrature quasi poetiche (come quella di Godzilla che ruggisce dietro al primo piano di una gabbia per uccelli, a simboleggiare il contrasto tra la delicatezza e la brutalità).
A giocare un ruolo importante sono anche le musiche di Akira Ifukube, che ci regalano uno dei temi più celebri della storia del cinema.
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