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The Producers - Una gaia commedia neonazista

Regia di Susan Stroman vedi scheda film

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La recensione su The Producers - Una gaia commedia neonazista

di ROTOTOM
6 stelle

Mi immagino se non fosse un remake, se non derivasse da un’ idea folle di un genio della comicità grassa intessuta di fino, della parodia, del musical irriverente, questo film che parla di nazismo, che sbeffeggia Hitler in barba ai rigurgiti neonazisti odierni, che espone vecchiette ninfomani alla mercè di uno spietato quanto spiantato produttore fallito di Broadway e soprattutto che tratta il tema dell’omosessualità schiantandolo nel peggiore degli stereotipi del frivolo e leggiadro regista narciso circondato da collaboratori aitanti e iconograficamente simili ai Village People. Senza contare uno schianto di svedesona disinibita che canta “se c’è l’hai fallo, quello che hai condividilo con tutti”, postulato cosmico del mito delle nordiche che non si fanno problemi a prendere ogni sorta di iniziativa. Ecco, mi immagino a partire dal titolo se questo film non fosse stato un remake avrebbe avuto un successo folgorante, la gente sarebbe accorsa a vederlo in massa, spinta dalle polemiche in piena campagna elettorale di una destra che ne vedrebbe una strumentalizzazione politica, gli strali degli arci gay per la vergognosa rappresentazione di una minoranza discriminata e dileggiata, prese di posizione del ministro per le pari opportunità che stigmatizza il personaggio della Thurman in quanto donna-oggetto, un richiamo alla serietà da chi aveva già stroncato la parabola Benignana de “La vita è bella” per non richiamare alla memoria il personaggio Hitler in modo così superficiale e lesivo del ricordo dei milioni di vittime provocate…..uffa. Sarebbe stato così, la gente a scannarsi per Uma Thurman che mostra le mutandine, nuova icona sexi dopo quella di Pulp Fiction e Kill Bill, una scoperta il nuovo cantante ballerino Mattew Broderick con il suo viso sempre bambino, sarebbe diventato un nuovo cult trash visto che di momenti veramente bassi ce ne sono, in questo film, in questo musical cioè, che richiama i vecchi film anni ’50 cercando di mantenerne il carattere sospeso e disincantato, i colori pastello, la recitazione un po’ sopra le righe. Invece non c’era nessuno al cinema, nulla di tutto questo è successo, nessuno si è mosso in difesa di alcunché e tutto è scivolato via senza colpo ferire e per un film che vorrebbe essere trasgressivo è di per sé un mezzo fallimento. Tutto già visto, già digerito metabolizzato espulso. E’ un remake, avevano detto al Tg1, presentandolo, l’avevano detto subito come a togliersi d’impaccio, di un film del 1968 non c'è da rendersi ridicoli. In effetti l’irriverenza acida di Mel Brooks si è persa nel trash quotidiano e grossolano, la satira affonda nella farsa, la spallata al mondo dello show business malato e marcio si trasforma in carezza ad un mondo blandito e del quale tutti vorrebbero far parte, non colpisce più il marcio dello show biz, è tutto talmente confuso tra realtà e spettacolo oggi che ci si è abituati al tanfo dolce delle nefandezze che nasconde. Resta un prodottino simpatico, divertente a tratti, ma macellato da un doppiaggio a volte irritante, un musical discreto a cui ha partecipato nella composizione dei testi delle canzoni anche il Mel Brooks odierno, lontano da quello che fu in maniera così palese che alla fine l’unica cosa che ci si domanda all’uscita dalla sala è: Perché?

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