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V per Vendetta

Regia di James McTeigue vedi scheda film

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La recensione su V per Vendetta

di lussemburgo
4 stelle

Nel presente traslato di una trentina d'anni di V come vendetta, la Gran Bretagna è sottomessa ad une regime neonazista in cui la verità è manipolata dalle televisioni e il popolo oppresso. Molti sono i rimandi a 1984 di Orwell (e alla sua traduzione filmica, con la presenza di John Hurt che, vittima nel film di Michael Radford, incarna qui il dittatore), alla ripetizione ossessiva dei messaggi, allo stato di guerra permanente. In effetti, i regimi dittatoriali si basano sempre sugli stessi principi: la conquista più o meno legale del potere che non viene più restituito al popolo, il controllo dell'opinione pubblica con i mezzi di comunicazione di massa (la tv in particolare), il bando di ogni distrazione estetica (la bellezza, l'arte, il sesso stesso in 1984), la feroce discriminazione (l'omosessualità o la dissidenza), uno stato costante di agitazione o di guerra perlomeno verbale in cui ogni opponente (in questo caso, ironicamente, gli Stati Uniti) diventa un nemico, la limitazione della libertà individuale (il coprifuoco, l'indipendenza d'opinione o di espressione), la gratificazione degli alti responsabili, la necessità di iscrizione al partito per ogni attività lavorativa, la condiscendenza verso tutte le iniquità, la riformulazione del vocabolario.
Pregno di ottimi precetti ("non è il popolo ad aver paura dei suoi capi, ma i capi a dover aver paura del popolo"), il film però stenta a catturare l'attenzione, obnubilato da una struttura da kammerspiel tra Evey (la Portman) e V occupati in continue discussioni sul potere e sulla necessità di reazione da parte del popolo, cui si affianca l'investigazione di due poliziotti che scoprono verità nascoste sull'origine del regime e iniziano a nutrire dubbi. Tra un dibattito ideologico, per lo più svolto a parole, e un'indagine che pare più giornalistica che poliziesca, il messaggio di sana ribellione del film (incitare alla reazione, non creare semplice anarchia) si stempera, non coadiuvato da un regia statica, che punta solo su poche scene d'azione in stile Matrix (i Wachoski producono), nè dai personaggi, di poco spessore, perdendo per strada anche le potenzialità del personaggio principale, V, deturpato e magniloquente, colto dandy che si commuove per i film di cappa e spada e si rifà a Guy Fawkes, affossandone la lucida, angosciata follia e l'intima tragicità per farne una figura di comica stravaganza. Allo stesso tempo, il rapporto contrastato, tra reciproca ammirazione e scetticismo, di Evey con il suo mentore mascherato non si trasforma in una vera convincente maieutica, ma in una semplice esposizione di fatti passati e ragionamenti che, con gli evidenti echi del presente (americano ma non solo), si vorrebbe polemica e finisce con l'essere teoricamente interessante ma cinematograficamente noiosa.

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