Regia di Ritwik Ghatak vedi scheda film
Nita è la figlia maggiore in una famiglia di rifugiati del Bengala a Calcutta. Per aiutare la famiglia, accantona una proposta di matrimonio con uno studente che ama, mentre il fratello maggiore, piuttosto pigro, spera di diventare un grande cantante, supportato nei suoi sogni da Nita che, però, col passare del tempo si rende conto che il suo sacrificio per il benessere degli altri le ha precluso ogni possibilità di felicità personale.
Ritwik Ghatak è stato uno dei maggiori cineasti indiani, poco conosciuto in Italia anche se alcuni suoi film, compreso questo, sono passati su Fuori orario di Ghezzi. Qui abbiamo a che fare con un melodramma sugli effetti distruttivi della povertà che funziona sia come atto di protesta sociale che come ritratto psicologico: la protagonista è un'eroina dall'animo nobile e puro che fa di tutto per conquistare una situazione di benessere per sè e per i suoi familiari, ma che nella sua lotta personale trascurerà fatalmente i propri bisogni e alla fine si ritroverà in una tragica solitudine (evidente la critica del regista al sistema sociale che idealizza la donna remissiva e sottomessa come Nita di fronte a modelli femminili più aggressivi come la sorella e la madre, entrambe caratterizzate come persone piuttosto egoiste). Fotografato in un pregevole bianco e nero, il film si fa notare per uno stile espressionista molto lontano dal neorealismo di Satyajit Ray, nonchè per un uso della colonna sonora estremamente ricercato, a tratti quasi avanguardistico, con effetti sonori che accentuano alcuni picchi emotivi della vicenda, come il ripetuto suono di una frusta in alcune scene di sofferenza emotiva di Nita. Oltre che espressionista, lo stile di Ghatak può sicuramente essere qualificato come melodrammatico sia nella struttura narrativa che nel ricorso deliberato a "scene madri" di forte emotività con ampi movimenti di macchina e un uso quasi ossessivo della musica di sottofondo: invece di sbandare come in tanti altri adepti del mélo meno dotati di lui, questa tecnica si rivela assai efficace e coinvolgente, tanto da far sembrare il film un'espressione diretta di stati d'animo soggettivi, soprattutto nello straziante finale in cui Nita esplode ripetutamente in un disperato "Voglio vivere". Pur essendo un'opera piuttosto triste e desolata, "La stella nascosta" possiede uno sguardo registico che riesce facilmente a raggiungere una risonanza universale e può essere considerata il capolavoro di Ritwik Ghatak.
voto 9/10
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