Regia di Tinto Brass vedi scheda film
Prima di passare al pecoreccio, anche Brass è stato autore di un cinema sperimentale e impegnato pure come tematica e questo Dropout (primo capitolo che si completerà l'anno successivo con La vacanza) ne è la prova provata.
Il risultato è positivo e chissà quale avrebbe potuto essere stato il suo cinema futuro se queste opere fossero state baciate dal successo inveche di risolversi in un fiasco di cassetta (nonostante i nomi altisomanti degli interpret) che evidentemente consigliarono al regista di cominciare a frequentare nuovi lidi molto più redditizzi come ritorno economico fregandosene dell'ideologia.
Il film trova la sua ispirazione sia nel cinena di viaggio che nella fiaba classica (ma opportunamente stravolta perchè già allora Brass era un provocatore anche se non in forma sessuale). La spinta però è fortemente sperimentale, ed è proprio questa vocazione a fargli individuare e mettere in pratica un modo inedito di rappresentazione che contribuisce a trasformare la pellicola in una galleria onirica in cui dialogo e suono sono i necessari sostegni per le ardite associazioni visive quasi tutte imprevedibili.
Girato a Londra (parte in inglese e parte in italiano) parla di follia, ma di una follia intesa come poesia del vivere e rivela tutta la potenza (anche visionaria) di quell'utopia anarcoide e fortemente lbertaria che ha attraversato le opere di tutta la parte iniziale della carriera del regista.
Nella galleria di personaggi che popolano la pellicola, oltre a quelli interpretati da Franco Nero e Vanessa Redgrave, emerge la figura dell'ineffabile cieco (o falso cieco) resa magistralmente da Gigi Proietti, ma è da ricordare anche la breve, ma incisiva apparizione del commediografo Carlo Quartucci.
Interessante anche la scrittura filmica (soprattutto per quel che riguarda il montaggio davvero molto originale).
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