Regia di Kim Rossi Stuart vedi scheda film
L'obiettivo era ambizioso, probabilmente anche troppo, nel trovare un'ispirazione originale per descrivere il rapporto travagliato fra un padre e un figlio in una maniera che potesse apparire sincera, genuina e appunto pure inedita. Ma il regista/attore Kim Rossi Stuart dimostra di avere le ali (non di cera) per spiccare questo volo senza fallire. Il fondamento delle sue basi si evince dai richiami all'estetica neorealista, in alcuni topoi adottati: la rinuncia al teatro di posa in favore degli ambienti naturali, esterni e interni; l'opzione della quotidianità come il terreno dove individuare personaggi ed eventi, da cui l'esigenza di un parlato spontaneo, talvolta dialettale; il ricorso a un cast di non professionisti (si leggano in proposito le interviste sulla selezione dei bambini e l'influenza dell'improvvisazione sulla sceneggiatura, in particolare per Tommi); l'attenzione alle tematiche della contemporaneità. L'adesione alla suddetta poetica mi sembra quindi evidente.
Lodevole è il tentativo di delineare le tre figure centrali, raccontando dell'unità della famiglia e della fatica del vivere, senza cadere nella tentazione dei soliti cliché. Ci si mantiene ben lontani dagli stereotipi dei buoni e dei cattivi. Non si giudica, bensì si tenta di comprendere. Le personalità dei due genitori sono analizzate in profondità. La madre è una donna afflitta da gravi problematiche, ma soffre dell'amore incondizionato che nutre verso i figli. Il padre è ossessivo e solare al tempo stesso, gravato però dalle responsabilità. Il piccolo protagonista sarà il nostro punto di vista.
Alla tensione, alle nevrosi e agli isterismi si avrà da contraltare un finale delicato e commovente. Qualche forzatura meno convincente si può riscontrare, per esempio, nel coinvolgimento così crudo e attivo dei due ragazzi entro le liti e le discussioni - persino quelle violente - tra i loro genitori. Non sempre i comportamenti sono lineari e decifrabili, questo è indubbio. Tuttavia si è forse cercato di proposito l'accento sulla complicazione e precoce autonomia di molte infanzie difficili, segnate in negativo dagli errori degli adulti e in positivo dalle speranze che sapranno comunque maturare.
Tommi, un ragazzino di undici anni, vive con il padre Renato e la sorella Viola, che non perde occasione per fargli scherzi e dispetti, ma che rappresenta un solido legame affettivo per tutti. Nonostante alcune difficoltà i tre vivono con intesa, ritagliandosi momenti di divertimento e serenità. Il ritorno improvviso di Stefania, la madre, che ha più volte lasciato la famiglia svanendo nel nulla, smuove sentimenti forti e fa saltare gli equilibri. Tommi, che ha sedimentato una forte diffidenza nei suoi confronti, le resiste, mentre, contemporaneamente, l'immagine mitica del padre si sgretola davanti ai suoi occhi, tramutandosi in quella di un uomo, con le sue fragilità.
Coraggioso nelle sue scelte e sensibile nel suo dirigere. Un esordio imperfetto ma pregevole.
La spontaneità degli sguardi di Tommaso "Tommi" Benetti è un valore aggiunto. La rivelazione.
Risalta e manifesta le fragilità e complessità della figura paterna, Renato Benetti. Molto bravo.
Denota una capacità di concentrazione utile al non facile ruolo della madre, Stefania Benetti.
Quasi in opposizione all'anima drammatica del film, le musiche sono affidate alla Banda Osiris.
Non tutto è condivisibile, ma con un'opera prima si è forse involontariamente più accomodanti.
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